di Monia Savioli

Il Liceo scientifico di Lugo ha conferito oggi alla giovane scomparsa il 15 giugno scorso, il diploma che la malattia non le ha concesso di ottenere. Ogni anno, su proposta del Prefetto di Ravenna, sarà organizzato sul territorio della Bassa Romagna un evento a lei dedicato.

Una storia speciale, quella di Nazifa Noor Ahmad, anzi magica, come lo era lei, che non smette di splendere. Le tappe del percorso vissuto in Afghanistan ed in Italia, a Bagnacavallo, dove ha trascorso gli ultimi 14 anni insieme alla famiglia adottiva, sono state ricordate durante la cerimonia di consegna del diploma di maturità alla sua memoria organizzata dal padre adottivo, Roberto Faccani unitamente al dirigente scolastico del Liceo scientifico di Lugo, Giancarlo Frassineti. Presenti il Prefetto di Ravenna, Castrese de Rosa, i sindaci di Bagnacavallo, Eleonora Proni, Lugo, Davide Ranalli e Massalombarda, Daniele Bassi, una rappresentanza di militari del 66° reggimento fanteria aeromobile “Trieste” di Forlì, il presidente della sezione Unuci di Lugo, Renzo Preda. Un momento di pura commozione che si è chiuso con un invito, diventato una promessa, quello di istituire ogni anno una giornata dedicata al suo ricordo.

Il diploma alla memoria

Nazifa Noor Ahmad, scomparsa il 15 giugno scorso, frequentava la 5° A dell’Istituto lughese in cui sono confluiti, per assistere alla cerimonia, ex compagni, insegnanti, volontari e, soprattutto, coloro che nel luglio del 2008, organizzarono il volo che dall’Afghanistan avrebbe portato Nazifa in Italia, per curarsi dal grave linfoma di Hodgkin di cui era affetta. Crescendo, Nazifa aveva iniziato a dedicarsi al mondo del volontariato per aiutare gli altri, così come gli altri avevano aiutato lei. Il suo impegno era stato coronato con il conferimento da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del titolo di Alfiere della Repubblica. “Ci si potrebbe chiedere che senso abbia un diploma di maturità alla memoria – ha sottolineato in apertura il padre adottivo Roberto Faccani, a fianco del dirigente scolastico del liceo, Giancarlo Frassineti. “Un titolo che non servirà né per continuare gli studi, né per il mondo del lavoro e forse non verrà neppure appeso ad una parete della casa”.

L’esempio di Nazifa

“A mio parere – ha continuato il padre adottivo – il senso c’è ed è rappresentato dall’esempio. L’esempio verso i suoi compagni di scuola e verso i suoi amici, per chi prosegue il suo cammino di vita. L’esempio non muore, continua a vivere e guida il cammino di chi resta . Nazifa ha dato l’esempio di uno studente che pur intuendo che la malattia le stava portando rapidamente via la vita, ha continuato a sperare fino all’ultimo giorno, ripassando mentalmente le lezioni nell’impossibilità di sfogliare libri o scorrere il pc. Nonostante la morsa delle macchine – continua il ricordo del padre adottivo – Nazifa aveva la mente libera e voleva raggiungere quell’obiettivo che, fin dal giorno che giunse in Italia, si era prefissata: studiare per diventare una persona utile agli altri. Purtroppo il destino l’ha fermata ad un metro dal traguardo”.

La storia di Nazifa

Fra i presenti alla cerimonia, il generale Carmelo Abisso che, nel 2008, con il grado di colonnello, era il portavoce del contingente militare italiano nella base Nato di Herat, in Afghanistan, guidata dal generale di brigata Francesco Arena, comandante della Brigata aeromobile Friuli di Bologna. “Nazifa – racconta il generale Abisso – nasce il 20 settembre 2001 – nove giorni dopo l’attacco di Al Qaida alle Torri Gemelle di New York – nel villaggio di Cha Bolbol, distretto di Adraskan, nella provincia di Herat, da Ahmad Noor, il padre, e Bibi Shaa, la madre. La famiglia è di etnia Kuci, nomadi afghani dediti alla pastorizia, che vivono nella steppa 8 mesi all’anno. Parlano il dari, il persiano dell’Afghanistan o farsi orientale. Secondo la tradizione le mamme afgane allattano fino a 4 anni. A fine allattamento i genitori si resero conto che crescevano le dimensioni del collo della bambina. Nessun sanitario sul posto sapeva dare delle risposte e dopo un anno la portarono a Kabul presso una clinica in cui le praticarono una profonda incisione senza anestesia. Secondo il medico – continua – far sgorgare il sangue doveva eliminare la malattia. Lei lo ricordava perfettamente ed ha sofferto tantissimo. Man mano che cresceva il linfoma calavano le capacità di alimentazione e veniva emarginata dalla famiglia, come purtroppo è consuetudine nei paesi poveri. Nazifa stava male e soffriva”. E’ a quel punto che si delinea quello che sarebbe diventato un punto cruciale nella storia di Nazifa. Il 23 aprile del 2008 infatti la Brigata aeromobile Friuli aveva assunto la responsabilità del comando Nato di Herat, città in cui era schierato anche il Prt, team di ricostruzione provinciale, basato sul 66° reggimento “Trieste” di Forlì, comandato dal colonnello Giuseppe Levato, anch’egli presente alla cerimonia di conferimento del diploma.

L’incontro con Nazifa

“Nei primi giorni di giugno – ricorda Abisso – il reparto aprì all’interno della base militare un ambulatorio medico a favore della popolazione locale. Il padre di Nazifa portò in visita la bambina. L’ufficiale medico si rese subito conto della gravità della malattia e avvisò il colonnello Levato che informò il comandante del contingente militare italiano, generale di brigata Francesco Arena. Il 24 giugno il generale scrisse una lettera al responsabile della Protezione civile della Bassa Romagna, comandante Roberto Faccani”. Nella lettera spedita a colui che sarebbe diventato il padre adottivo della piccola, il generale scriveva: “Nazifa Ahmad Noor è una bambina di sei anni affetta da una grave forma di linfoma di Hodgkin. E’ stato chiesto l’aiuto del contingente italiano tramite l’ambulatorio medico del Prt di Herat che quotidianamente fornisce assistenza alla popolazione locale. Come avrà modo di verificare dalla documentazione in allegato, si tratta di un caso estremamente delicato che, a parere del nostro medico, potrebbe avere in Italia un esito favorevole mentre in Afghanistan non può essere trattato in alcun modo a causa della carenza di strutture mediche adeguate. Anche a causa delle condizioni estremamente precarie in cui versa questa bambina, la pregherei di verificare presso le autorità sanitarie regionali e le associazioni di volontariato se esista la possibilità di fornire una soluzione a questo caso. Confido nella sensibilità sempre dimostrata dalle istituzioni della nostra Regione nei confronti di questo tipo di problematiche”.

L’approvazione del progetto ed il viaggio verso Pisa

Il circolo virtuoso attivato e supportato dal professor Andrea Pession, primario di Oncologia ed Ematologia Pediatrica del Sant’Orsola, portò i vertici della Regione, l’assessore alla Sanita’ Giovanni Bissoni ed il presidente Vasco Errani, ad approvare il progetto che prevedeva la copertura totale delle spese sanitare. “Come accade poche volte nella vita – sottolinea il generale Abisso – in quel momento tutti i decisori si conoscevano ed erano allineati, una congiunzione astrale. Il capo del Coi, Comando operativo di vertice interforze, responsabile delle missioni all’estero, era il generale di corpo d’armata Giuseppe Valotto. All’ambasciata italiana a Kabul, che rilasciò i visti, il vice capo missione era Nicola Orlando, già capo della componente civile del Prt. Il via libera dal ministero degli Esteri arrivò da Elisabetta Belloni, capo dell’Unità di crisi della Farnesina, attuale direttore del Dis. Ognuno fece la sua parte – proprio come ci ha invitato a fare Piero Angela nella sua lettera testamento – dimostrando ancora una volta lo straordinario valore del Sistema Paese, quell’Italian way tanto apprezzato nel mondo per la sua umanità”. La sera dell’11 luglio 2008, con a bordo Nazifa e Roberto Faccani, un Hercules C130 dell’Aeronautica militare italiana decollò da Herat verso Pisa dove, ad attendere la piccola c’era l’ambulanza diretta all’ospedale Sant’Orsola di Bologna.

Il ricordo della maestra Maria Grazia

Maria Grazia Daghia è stata la prima maestra di Nazifa, quando ancora la bambina non sapeva nulla della lingua italiana. “Aveva una mente che assorbiva la vita – ricorda. “All’inizio ero quasi intimorita di fronte ai suoi occhi, neri e profondi. Aveva una intelligenza acuta, brillante. In classe si era integrata immediatamente e raccontava spesso del suo paese”. Alcune definizioni sono rimaste scolpite nella mente. “I compagni le chiedevano di Bin Laden, dei talebani. Lei usava delle espressioni che non posso dimenticare. Bin Laden era un “introvabile” ed i talebani “persone molto nervose che hanno sempre voglia di litigare e che, se trovano delle armi, sono anche capaci di sparare”. Quando le chiedevo: cosa vuoi fare da grande?, lei mi rispondeva che voleva aiutare la sua gente. E a sua volta mi domandava: ma lo posso fare solo tornando là? Io le dicevo “ora studia e poi sicuramente troverai il modo di farlo anche da qui”. Ora, se avessi l’opportunità di farle la stessa domanda: cosa farai da grande?, avrei anche la risposta. “Farai l’esempio”.

La proposta del Prefetto di Ravenna

Per non lasciare che l’oblio inghiotta la sua storia, il Prefetto de Rosa, concludendo gli interventi, ha chiesto ai sindaci del territorio dell’Unione di impegnarsi a organizzare ogni anno un evento ispirato alla storia di Nazifa. “Raramente mi è capitato di essermi emozionato così tanto – ha detto il Prefetto. “La storia di Nazifa è un esempio lampante di come si possa fare una vera inclusione che non va dimenticato”. Grazie all’intervento del sindaco e della giunta di Bagnacavallo, con la proposta della Prefettura di Ravenna al Ministero dell’Interno, la memoria di Nazifa riceverà a breve anche una ricompensa al merito civile.

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