A luglio 2012 gli internauti italiani attivi erano 20,3 milioni, il 25% in più rispetto al 2009. L’84% di questi va in rete Rete per leggere notizie e il 51% di loro è convinto che il Web diventerà in futuro la fonte principale dell’informazione. A partire da questi numeri, illustrati da Enrico Finzi, Presidente di AstraRicerche, ha avuto inizio il convegno “Il futuro del giornalismo – Ping Pong tra carta e Rete” organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia e ospitato dall’Aula Magna dell’Università degli studi di Milano lo scorso 11 ottobre.
Come ogni anno dal 2008 il convegno ha fatto il punto sulla situazione dell’informazione, analizzandone lo stato dell’arte e le prospettive. Giulio Anselmi, Presidente della Fieg e Direttore dell’Ansa, Barbara Stefanelli, Vice-Direttore del Corriere della Sera, Mario Giordano, Direttore di TgCom24, Danda Santini, Direttore di Elle, Claudio Giua, Direttore sviluppo e innovazione del Gruppo L’Espresso, Eric Sylvers, corrispondente da Milano del Financial Times, Raffaella Calandra, inviata di Radio24 e Letizia Gonzales, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, hanno dibattuto portando a esempio l’esperienza nel proprio settore di riferimento nell’incontro tra carta e digitale, mettendo in luce lo stato dell’arte del settore e le sue prospettive.
Ma sono stati i numeri della ricerca “Gli internauti italiani e le news tramite new media e mezzi classici” realizzata da AstraRicerche (qui la sintesi della ricerca) presentati, come già detto, dal suo Presidente Enrico Finzi, a introdurre il convegno. Finzi ha fornito una panoramica sull’identità e le abitudini degli utenti italiani di Internet fornendo dati utili alla comprensione delle abitudini informative di 20 e più milioni di cittadini connessi: oltre alla crescita numerica, infatti, è importante segnalare che il 59% di loro, rispetto allo scorso anno, ha utilizzato di più Internet come fonte di informazione, facendo scivolare i quotidiani cartacei (solo il 32%) al sesto posto tra le gli ingredienti della loro dieta mediatica, battuti dalla Rete, ovviamente, dalle tv nazionali, dalla radio, dalle tv locali e da cellulari e smartphone. C’è, insomma, un esercito di lettori informatizzati che ha le idee chiare ed è sempre più capace di distinguere cosa vuole e da quale media. Il 75,7% di loro pretende notizie vere e verificate, insieme alla chiarezza (56%), all’utilità (52%) e all’aggiornamento (ancora 52%).
Ma è all’analisi attribuita ai differenti media che si delineano al meglio gli orizzonti di attesa degli internauti: la carta stampata sarebbe ancora il regno di veridicità, qualità e professionalità ma perderebbe massicciamente terreno – soprattutto i quotidiani – per quanto attiene alla chiarezza, all’aggiornamento e la manipolazione dei contenuti. Televisione e radio, addirittura, non sarebbero mai vincenti in nessuna delle caratteristiche e spesso languirebbero agli ultimi posti per utilità, serietà e documentazione.
Ma è guardando a Internet che questo pubblico si racconta al meglio: per gli internauti italiani la Rete sarebbe il riferimento per utilità, pluralità di voci, il non provincialismo, l’originalità, insieme a tutti i valori intrinseci delle tecnologie con cui la si fruisce, come velocità e comodità. Ma non sarebbe, al contrario, garanzia di verifica delle notizie, serietà, qualità della scrittura e subirebbe l’”effetto alluvione” dato dalla quantità di informazione messa a disposizione. Ma cosa leggono gli internauti italiani? Il 54,2% si informa grazie a siti raggiunti dai motori di ricerca, dato che dovrebbe far preoccupare, come ricordato da Finzi, per via della non-neutralità di questi strumenti; il 51% legge le versioni online dei quotidiani; il 49% predilige grandi portali generalisti e il 43%, invece, si affida a ciò che i loro conoscenti condividono sui social network. Blog e quotidiani solo-online, invece, rimangono fonti “di nicchia” che interessano numeri che dal 20% non raggiungono mai il 40%.
Ma come rispondono i media italiani a questo che, come ricorda il titolo del convegno, è un ping pong costante tra digitale e cartaceo? La parola è passata ai relatori, che hanno esposto diverse strategie. Barbara Stefanelli ha insistito sull’alterità della Rete rispetto alla carta, esponendo il percorso che il Corriere ha fatto muovendosi su entrambi le direttrici. Rispetto a 3 o 4 anni fa, ha riferito la Stefanelli, lo staff di Via Solferino è certamente più aperto a quelle che sono le possibilità introdotte dall’online che ha progressivamente perso quel tono minaccioso con cui spesso è stato presentato. Di certo, è importante diversificare: La Lettura, l’apprezzato inserto culturale che il quotidiano di Rcs ha lanciato in edicola di domenica ha fatto dei giorni del fine settimana quelli in cui il Corriere vende di più dimostrando come la “buona carta” sia ancora in grado di pagare se è in grado di dare risposta a un orizzonte di attesa dei lettori: un prodotto come La Lettura, infatti, trova la sua forza proprio nella cellulosa e può rispondere a una domanda cui il Web non può dare risposta. Ma in Via Solferino, ha confermato Stefanelli, gli investimenti recenti più ingenti sono andati su Internet con il potenziamento di corriere.it, del suo lato social e dell’ambito video. Proprio sull’apporto del formato visuale ha insistito anche Claudio Giua del Gruppo Espresso che, pur affermando come la distinzione tra carta e Internet sia ormai nelle pratiche quotidiane della professione una separazione del passato, ha insistito sul peso che i video hanno nel creare un brand forte e un’utenza affezionata. Il suo gruppo realizza quotidianamente in media 150 video da destinarsi ai vari canali messi a disposizione. Questo fa sì che, nonostante i lettori delle testate di carta tendano a diminuire, in realtà i “fruitori del giornale” sui suoi molteplici canali possono crescere proprio grazie a contenuti di questo genere. Mario Giordano ha confermato come, a partire dallo Tsunami del 2006, l’apporto delle fonti video Ugc sia diventato una presenza quasi obbligata nell’informazione contemporanea ma non uno standard unico: l’invio della troupe in loco per la realizzazione di un servizio non è stato affatto abbandonato dalla sua testata ma anzi, ha, ora, proprio grazie ai contenuti immessi in Rete dagli utenti, una risorsa in più per “essere sul pezzo”. Anche per questa ragione, ha confermato il direttore di TgCom24, i giornalisti devono essere capaci di lavorare per molteplici piattaforme: non esistono divisioni inconciliabili proprio perché la risposta alle nuove sollecitazioni del giornalismo deve essere “di sistema”. Qui trovate le sintesi dei vari interventi.
Anche per Eric Sylvers del Financial Times carta e sito sono ormai contesti perfettamente integrati e a conferma di ciò ha raccontato la sua esperienza di corrispondente online e offline a disposizione di entrambi i canali. Danda Santini di Elle, invece, ha spiegato quelle che sono le sfide per una pubblicazione periodica come la sua nel momento in cui approda in Rete: fondamentale è riuscire a non perdere quelli che sono i valori intrinseci dei periodici, come la forza delle immagini e delle fotografie nel caso delle pubblicazioni di moda. Per questo motivo il sito di Elle, ha fatto sapere la direttrice, è più “ludico” e “televisivo” di altri con un palinsesto di appuntamenti quotidiani. L’iPad, infine, ha facilitato il passaggio, mettendo a disposizione molte più possibilità di valorizzazione di questi aspetti. Giulio Anselmi ha invece esposto il punto di vista degli editori per i quali l’informazione necessita, in prospettiva, di essere pagata dagli utenti. Il Direttore della Fieg non ha risparmiato critiche alla categoria giornalistica, denunciando come spesso i numeri hanno ricevuto più attenzioni della qualità, vero volano per il settore. Sia in Rete che in edicola. Agli editori spetta ora il compito di trovare le soluzioni per recuperare terreno rispetto al ritardo con cui la sfida al digitale è stata lanciata: resistere non serve più, ha riferito Anselmi, al contrario è il momento di rilanciare quelle che sono le funzioni del giornalismo professionale in questo scenario, a cominciare da quella “di commento”, terreno su cui gli outlet digitali non possono tener testa alla vecchia carta.
Il convegno non ha trovato la chiave di volta del giornalismo, d’altronde è difficile prevedere un futuro che continua a iniziare. Ma proprio l’immagine del Ping Pong può essere d’aiuto nella delineazione, con tutti i distinguo del caso, di come si dovrà agire da qui in avanti lasciandosi alle spalle divisioni che non hanno più a che vedere con il mediascape del 2012 ormai 2013. D’altronde, come ricordano i dati forniti dalla ricerca di Finzi, oltre il 48% degli internauti ha un’opinione positiva sui giornalisti a fronte di un 10% che li giudica negativamente e un 34% che prova sentimenti ambivalenti. Il 6%, infine, ne sarebbe addirittura entusiasta. Insomma, il futuro del giornalismo, probabilmente è ancora da inventare o sarà eternamente destinato ad aggiornarsi, ma non è necessariamente buio come l’improvviso black-out della sala che ospitava il convegno poteva suggerire ai più pessimisti.
Philip Di Salvo , 12 ottobre 2012
Fonte: Nuovi Media e Web 2.0