di Carmelo Abisso

Gli ex allievi ufficiali del 163° corso “Lealtà” hanno celebrato ieri a Modena il quarantennale dell’ingresso in Accademia militare. La cerimonia si è svolta nel cortile d’onore del palazzo ducale dove si sono schierate due generazioni: i 110 ex allievi ufficiali del 163° corso e gli allievi ufficiali del 202° corso “Onore” e del 203° corso “Lealtà”, frequentatori del biennio presso l’istituto di formazione.

Erano presenti con il comandante dell’Accademia pro-tempore, generale di corpo d’armata Pietro Re, classe 1932, anche alcuni ufficiali di inquadramento del 163° corso tra i quali il generale Franco Gentilucci, gìa comandante del battaglione allievi e i generali Diego Tocco, Santo Chichi, Nicola Chiavaroli, Gabriele Poggi, Alessandro Verdiani e Silvano Bernardoni, gia comandanti di compagnia . Presenti anche il dottor Massimiliano Maggio, figlio del comandante del reggimento allievi, il generale Gaetano Maggio, scomparso qualche anno fa, il professor Benito Donini, classe 1928, decano degli insegnanti dell’Accademia militare, “temuto e rispettato” docente di analisi, il generale Guido Casalgrandi, presidente dell’ Associazione ex-allievi, l’architetto Donato Donno, scultore del busto Giuseppe Garibaldi, il dottor Erio Bagni, presidente dell’ Onlus Aseop, il primo luogotenente Vitantonio Zizzari e il questore Giuseppe Maggese, ex tirocinante.

Il capocorso del 163° corso, generale di divisione Antonio Bettelli, accompagnato dal comandante dell’Accademia militare, generale di divisione Davide Scalabrin ha passato in rassegna lo schieramento: la bandiera d’Istituto, decorata da una medaglia di bronzo al valore dell’Esercito ed una croce d’oro al merito dell’Arma dei Carabinieri ed il reggimento allievi comandato dal colonnello Pasquale Spanò.

Tra gli ex allievi del 163° corso in servizio erano presenti cinque generali di corpo d’armata dell’Esercito, Carmine Masiello, sottocapo di Stato Maggiore della Difesa, Gaetano Zauner, sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito, Carlo Lamanna, comandante della formazione, specializzazione e dottrina dell’Esercito, Massimo Scala, comandante delle forze operative terrestri di supporto e Angelo Palmieri, Presidenza del Consiglio dei Ministri ; tre generali di divisione dell’Arma dei Carabinieri, Mario Cinque, capo di stato maggiore del Comando Generale, Marco Mochi, capo del III Reparto del Comando Generale e Alfonso Manzo, capo del V Reparto di SMD.

“Signori ufficiali del 163° corso, gentili signore, comandanti e graditi ospiti, a nome del quadro permanente civile e militare, del corpo docente, degli ufficiali allievi, degli allievi ufficiali e mio personale, rinnovo a voi tutti il più caloroso “bentornati a casa”– ha detto il generale Scalabrin nel suo intervento – Bentornati in questo luogo che il 21 settembre 1981 vi ha visto varcare il portone d’ingresso per “porre la prima pietra miliare della vostra vita militare” dopo aver superato una dura selezione che ha visto entrare nei ranghi del vostro corso 282 allievi, ai quali si sono aggiunti successivamente 12 colleghi somali…..Recentemente ho provato una particolare emozione nel rileggere alcuni passi dello scritto di un cadetto in uscita dall’Accademia militare: lo stesso si rivolgeva al proprio comandate di battaglione con queste parole: “I nostri futuri superiori le diranno se sapremo sopportare i disagi, senza gloria, della vita di guarnigione. I nostri soldati di domani verranno a dirle quanto avremo saputo dare sul campo della prova”. Ebbene, volendo riprendere quelle parole e farle nostre, posso oggi dire che quei “soldati di domani” sono qui; sono qui stretti intorno a voi ed al fianco dei vostri familiari, sono qui per prendere atto del vostro impegno “sul campo della prova”, cioè nell’istituzione e per l’istituzione… sono qui per rendere omaggio a quella bellissima pagina di solida professione militare che il 163° corso ha saputo scrivere e continua a scrivere. Cari allievi e ufficiali allievi, qui davanti a voi sono schierati ufficiali dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri che, a prescindere dal grado raggiunto e dagli incarichi disimpegnati, hanno saputo affrontare la vita militare grazie ad una solida base etico-morale e ad una altrettanto eccellente preparazione tecnico-professionale, le cui radici affondano proprio tra le mura di questo Istituto. Gli ufficiali schierati di fronte a voi hanno vissuto in prima persona quasi un decennio di “guerra fredda”, la caduta del muro di Berlino, l’attacco alle Torri Gemelle e tutte le minacce portate alla convivenza democratica più attuali. Fatti ed accadimenti che hanno portato, nel tempo, ad una profonda rivisitazione e trasformazione delle nostre Forze armate e che li ha visti attori protagonisti e artefici del cambiamento necessario all’Esercito ed all’Arma dei Carabinieri per mantenere il passo con i tempi. Un processo di adattamento che non ha escluso neppure l’Accademia militare. Un’Accademia oggi profondamente cambiata rispetto al passato. Un’Accademia che ha saputo rinnovare la propria offerta formativa, assumendo in alcuni casi anche la funzione di Scuola di Applicazione. Un’Accademia da tempo aperta al mondo femminile così come a quello internazionale: sono infatti ben 36 le allieve che oggi frequentano questo istituto e 36 gli studenti stranieri, provenienti da 12 Paesi amici. Questa è l’Accademia di oggi. Un’Accademia che ha saputo rinnovarsi ed adattarsi alle esigenze di un mondo in continua evoluzione, ma sempre nella continuità dei valori e degli ideali che sono alla base del nostro essere militari. Questa è l’Accademia che oggi vi accoglie e che vi dice “grazie”, per aver saputo mantenere alto lo spirito e la motivazione nel lungo percorso di una vita, che vi ha chiesto molto in termini di impegno e di rinunce, ma che sono certo vi ha ripagato moltissimo sul piano umano. “Grazie” per averci offerto un modello cui conformarci; un modello che oggi vogliamo presentare ai nostri giovani allievi ufficiali, aggiornato nelle forme, certamente, ma al tempo stesso immutato nei contenuti, affinché diventi per loro la bussola cui fare riferimento negli anni a venire. A voi tutti, signori ufficiali del 163° corso, ai vostri cari, ai vostri affetti, formulo il nostro più caloroso e sincero “in bocca al lupo” per un futuro sereno, in salute e colmo di ogni fortuna. Ci lasciamo con la consapevolezza che i nostri cuori “battono all’unisono”, come recita la preghiera dell’allievo. Ci lasciamo con la consapevolezza che quanto scritto all’ingresso del cortile d’onore rappresenta ancora oggi, come 40 anni fa, il riferimento per le nuove generazioni di allievi ufficiali: “Divorare lagrime in silenzio, donare sangue e vita, questa è la nostra legge e in questa legge Dio”

“L’incontro odierno è dedicato al ricordo collettivo e personale – ha detto il generale Bettelli dopo i saluti e i ringraziamenti iniziali- alle tradizioni di questo istituto, al valore della formazione militare, al cameratismo e all’amicizia. E’ una giornata ricca di ineguagliabili emozioni…. Adesso mi rivolgerei a voi, allieve e allievi del 202° e del 203° corso, e attraverso di voi cercherei di definire il significato di questa cerimonia. Tra i molti doveri cui siete sottoposti, oggi vi è anche quello di partecipare al quarantennale del nostro corso di Accademia. Lo state facendo secondo lo stile militare, tenendo fede al ruolo di allieve e di allievi ufficiali dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri. Quarant’anni fa, anche noi, ex allievi del 163° corso, vivemmo la vostra stessa esperienza odierna. quel giorno, incontrammo gli ufficiali del 33° corso Rex, prima compagine di sottotenenti passata direttamente dall’Accademia militare ai fronti di combattimento della seconda guerra mondiale. In quell’occasione, provammo stati d’animo diversi, distinti tra l’ammirazione per testimonianze di vita così autorevoli – all’epoca si trattava di figure molto austere – e il constatare, anche con una punta di bonaria ironia, i segni tracciati dal tempo sui volti di quegli uomini non più giovani. Ed è proprio al confronto tra la forma militare e l’umanità, sottesa alle fragilità del tempo, che vorrei soffermarmi, sottolineando come l’incontro di oggi non solo offra a noi le emozioni del ricordo della nostra giovinezza, ma doni anche a voi la possibilità di aprire per qualche istante una finestra sul vostro futuro. Futuro di ufficiali delle Forze armate italiane, di donne e di uomini, di cittadini, formati e adulti, ben solidi nella vostra scelta professionale e di vita, consapevoli del vostro obbligo e del vostro diritto sociale. Sotto il profilo della forma militare, avrete senz’altro notato come tra noi vi siano alcuni colleghi dell’Esercito che vestono il grado apicale della gerarchia militare, il rango di generale di corpo d’armata. Per altri colleghi dell’Arma dei Carabinieri vi sarà a breve la possibilità di raggiungere lo stesso traguardo. il merito e le capacità offrono dunque agli attuali e ai futuri generali di corpo d’armata del 163° corso l’onore e la responsabilità di indirizzare, da posizioni di vertice, l’Esercito e l’Arma dei Carabinieri verso obiettivi di efficienza e d’inalterata esemplarità etica per la nostra società. Carmine, Gaetano, Carlo, Massimo e Angelo, a voi, che siete l’espressione del pieno successo professionale, auguriamo buon lavoro e ancora tanta buona fortuna.

Noterete, inoltre, che numerosi sono gli appartenenti del nostro corso che non indossano più l’uniforme. seppur dissimulati dall’assenza dei simboli delle unità in cui hanno prestato servizio e dei meriti da loro conseguiti, ognuno di questi ufficiali racchiude in sé il racconto della propria importante esperienza: un racconto fatto di conoscenze e di competenze, colmo di professionalità maturata in Italia e all’estero, impreziosito dall’umanità del contatto con le più diverse realtà sociali e arricchito dalla soddisfazione che immancabilmente deriva dall’adempimento del proprio dovere. In qualche caso, l’esercizio del dovere ci ha imposto di superare gravi difficoltà. Qualcuno di noi ha conosciuto momenti cupi, qualcuno ha visto cadere i propri soldati e i propri carabinieri, qualcuno ha perduto la speranza di farcela, specie quando ha dovuto decidere non solo per se stesso ma anche per gli altri, qualcuno ha sperimentato lo sconforto per il fallimento, senza mai credere, tuttavia, di non poter riuscire all’occasione successiva. Tutti abbiamo gioito delle nostre fortune e ravvivato l’orgoglio di un’appartenenza che è tra le più nobili nel campo delle umane professioni: un legame che pone al primo posto il servizio alla collettività, sempre eseguito in ordine ai principi di libertà e di rispetto espressi dalla nostra Costituzione. Successi e fallimenti: questi in fondo sono i connotati della vita. Una vita, per ciascuno di noi, ricca di innumerevoli sfumature e della quale i quarant’anni di servizio militare prestati sono stati la ragione portante, l’azimut giornaliero, l’orientamento fondamentale….

Questo è un luogo di formazione alla leadership militare e all’arte del comando. Arte fatta per guidare le volontà individuali verso un obiettivo comune, ben oltre l’interesse personale. Il mezzo è il servizio reso alla collettività nazionale, il fine è il bene della sicurezza e con esso quello della prosperità. Questo è un luogo ammantato da chiari valori umani, e i nomi e i simboli assegnati ai nostri corsi ne sono l’espressione: “Lealtà” per noi, “Onore” per gli anziani, “Volontà” per i più giovani. Gli stessi simboli sono adesso riproposti ai corsi attuali, a incominciare, se così vorrete, proprio dalle allieve e dagli allievi del 203° corso “Lealtà”. Sono termini che evocano l’impegno ben oltre le fragilità umane; fragilità che albergano sempre nell’animo di ciascuno in misura contrapposta al tenore delle nostre stesse virtù, fragilità che mai sono integralmente sopprimibili.

Vorrei allora dirvi di non spaventarvi per le vostre incertezze, ma di coglierle, quando dovessero manifestarsi, come il termine di riscontro per scoprire e per valorizzare le vostre virtù personali e militari. E’ un cammino, quello del perseguimento dei valori, inesauribile. Un progresso che può avvenire solo con l’esperienza, con l’esercizio e con il tempo. La disciplina militare ne è un modello, funzionale agli scopi dell’organizzazione che serviamo. Le norme e i regolamenti sono il riferimento per perseguire comportamenti onesti, irrinunciabili per favorire il buon vivere della società, ma l’armonia sostanziale, quella che crea ordine, sta solo e unicamente dentro di sé. Per essere comandanti, bravi comandanti, occorre innanzitutto trovare questa personale forma di armonia. Siate dunque esigenti nel misurarvi con le sfide che l’Accademia militare vi pone, ma non siate mai troppo severi nel giudicarvi. Non confondete la correttezza formale del regolamento con il vostro intimo senso di giustizia, poiché è proprio quel senso che sarà la vostra guida nell’esercizio dell’azione di comando. Non casualmente, si tratta proprio di un’arte.

Se ora mi permettete, vorrei riassumere in poche parole il valore della scelta che abbiamo e che avete fatto nel decidere di entrare in questo istituto, iniziando così un percorso complesso ed ambizioso. Tra le molte parole rappresentative, le quattro che ho scelto sono: umanità, conoscenza, coraggio e fermezza. Umanità: la disciplina che state apprendendo non deve mai essere disgiunta dall’umanità del vostro giudizio, né dal desiderio di andare oltre alle apparenze, né tantomeno dalla costante tensione per la verità. L’umanità e la ricerca della verità sono le più grandi virtù dell’intelletto. Conoscenza: il percorso formativo non si esaurisce con gli studi dell’Accademia o dell’università. Occorre dubitare delle proprie certezze e dal dubbio ricavare lo stimolo per avviarsi verso nuove scoperte. E’ bene non essere mai paghi di ciò che si conosce ed essere sempre umili innanzi alla vastità dello scibile. Il desiderio per la conoscenza, sostenuto dall’umiltà, è la più grande virtù dell’intelligenza. Coraggio: non tanto e non solo quello fisico, al quale i lanci col paracadute o le ascensioni alpinistiche concorrono alla formazione, ma soprattutto il coraggio verso la propria coscienza. Quella ne è la forma più difficile; una forma di coraggio che si può sperimentare, nella sua misura completa, solo quando si è tentati dall’opportunità personale o dalla comodità. Il coraggio è la più grande virtù della coscienza. Fermezza: non solo quella necessaria per non soggiacere all’azione dell’avversario o delle avversità, ma soprattutto quella richiesta per esercitare la rinuncia personale, la coerenza con il proprio senso di giustizia, la tenacia morale. La vera fermezza è la capacità di dire di no, in primo luogo a sé stessi, quando si è consapevoli dei propri limiti e delle proprie erronee tendenze. Ciò è tanto più vero quando non si sia sollecitati dal giudizio altrui, quando ci si ritrovi soli con sé stessi, senza obblighi formali. La fermezza, e la coerenza che ne deriva, sono le più grandi virtù della personalità. Allieve e allievi del 202° e del 203° corso, a voi la sfida posta dal contenuto di queste e di altre espressioni, sfida accolta nel momento in cui avete deciso di entrare in Accademia; a noi oggi, invece, a distanza di quarant’anni da quello stesso inizio, spetta l’orgoglio di veder rinascere in voi le nostre stesse passioni. Buona fortuna care allieve e cari allievi ufficiali, ancora buona fortuna a noi, fratelli in armi del 163° corso”.

Al termine degli interventi è stata deposta una corona di alloro al Lapidario dell’Accademia in onore ai caduti. I colleghi del 163° corso prematuramente scomparsi sono stati ricordati durante la celebrazione della messa nel pomeriggio del 28 aprile e in occasione dei saluti di benvenuto in aula magna prima della cerimonia: Giovanni Albano, Arturo Arcara, Fabrizio Caputo, Paolo Lunghi, Michele Mozzicato, Alfredo Venturino, Franco Azzarello, Mauro Darra, Mohamed Giama Farah, Massimo Rinaldi e Andrea Santabarbara. Con il “Siamo figli di un unica schiera”, il canto Una acies intonato dagli allievi di ieri e di oggi, si è conclusa la cerimonia militare.

Nel Giardino d’Inverno ha poi avuto luogo il tradizionale scambio di doni. E’ intervenuto il capocorso del 202°, allievo caposcelto di reggimento Simone Della Donna con il capocorso del 163°, generale Bettelli. Il generale Masiello ha consegnato l’acquerello di Palazzo Ducale a Della Donna. Il generale Zauner e il generale Cinque hanno consegnato il coin commemorativo a un allievo dell’Esercito e a uno dei Carabinieri del 203° corso. Il generale Lamanna ha consegnato al presidente dell’Onlus Aseop l’assegno di 3.500 euro donati in beneficienza dal corso e il generale Bettelli ha consegnato la riproduzione in legno dello stemma di corso «Lealtà» al comandante del reggimento allievi, colonnello Spanò. Il Canto della Pompa ha concluso l’incontro.

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