di Carmelo Abisso
Il Club Atlantico ha organizzato il 17 settembre presso il ristorante del The Sydney Hotel di Bologna la conferenza dal tema “Afganistan: una tragedia preannunciata”. Relatori l’nviato del Corriere della Sera Andrea Nicastro, primo giornalista italiano ad entrare a Kabul nel 2001 ed il generale di corpo d’armata (aus) Giorgio Battisti, primo comandante del contingente militare italiano nel paese asiatico. Con il presidente del sodalizio bolognese generale Giuseppe Paglialonga presenti il professor Fabrizio W. Lucciolli, presidente del Comitato Atlantico Italiano, l’ammiraglio Cesare Ciocca, responsabile della formazione del Comitato e circa ottanta tra soci e simpatizzanti.
La serata è iniziata con gli inni Nato e italiano ed un minuto di silenzio in ricordo dei 53 caduti italiani in Afghanistan nei vent’anni della missione. “Vorrei ricordare anche il 54° caduto – ha esordito il generale Battisti – il tenente colonnello Carmine Calò, osservatore della forza di pace dell’ Onu, ucciso dai talebani a Kabul il 23 agosto 1998. Il 17 settembre è un giorno particolarmente infausto per i militari italiani. Oggi ricorre infatti il dodicesimo anniversario dell’attacco di un attentatore suicida ad un convoglio italiano sulla strada dell’aeroporto di Kabul, la “strada della morte”, nel quale morirono sei paracadutisti della “Folgore”. Un anno dopo, il 17 settembre 2010, è caduto in combattimento a Bakwah il tenente Alessandro Romani, incursore del 9° reggimento “Col Moschin”.
Come è nata la passione dell’inviato di guerra ? “Nel 1998 sono a Mosca a sostituire il corrispondente in vacanza – racconta Andrea Nicastro – siamo nel clima di post guerra fredda. Ero stato invitato in Cecenia con altri colleghi stranieri dal governo locale che voleva mostrare al mondo l’aggressione che stava subendo dai russi. Il terrorismo islamico è nato lì, con i primi attentati suicidi. A Mosul nel 2017 durante l’attacco degli iracheni allo Stato islamico, l’Isis usava dieci attentatori suicidi al giorno. Se vogliamo sconfiggere il terrorismo come minimo dobbiamo capirne le ragioni. Poi le esperienze in Bosnia, Kosovo, Afghanistan, Iraq, mischiato alla gente, fare il “cane da guardia” del potere e sorvegliare i militari”.
“Gli afghani sono i guerrieri più temibili dell’Asia centrale – ricorda Battisti – ma la corruzione è un fenomeno endemico nel paese. Sapevamo dei comandanti che avevano i gost soldiers, di cui prendevano lo stipendio e vendevano le munizioni e i carburanti, una specie di tratto di chi comandava. Occorreva puntare sui giovani. Poi c’era il problema della droga, fino a due raccolti di oppio all’anno. Il generale John R. Allen, comandante di Isaf, nel 2013 aveva avviato il tentativo di rendere più onesta la società afghana con il programma di eradication, ma è stato invano.
L’uscita dall’Afghanistan. Biden per giustificarla ha detto una serie di inesattezze – ha aggiunto Nicastro – Perchè restare se neanche loro vogliono combattere ? Dal 2009 gli afghani hanno avuto 66.000 morti, tra esercito e polizia. Hanno smesso di combattere quando hanno visto gli americani – che davano 88 miliardi di dollari all’anno per le forze armate afghane – chiudere i rubinetti. Non volevano morire per un risultato già stabilito a Doha il 29 febbraio 2020, con l’accordo tra gli Usa e i talebani che ha escluso il governo afghano. Biden non ha detto la verità perchè era difficile giustificare i veri motivi. Dobbiamo finire la lunga guerra. La mia ipotesi: uscire dall’Afghanistan e lasciare il territorio instabile, foriero di danni per la Cina. Diminuire la crescita cinese, drenare risorse. Concentrarsi su altro, sapendo che dall’Afghanistan possono arrivare droga e profughi. E poi il Pakistan. Dal 2018 gli Usa hanno smesso di bombardare con i droni le basi talebane nel paese e hanno chiesto di liberare il mullah Baradar, il negoziatore di Doha. Gli americani non riuscivano più a tenere il Pakistan, alleato Usa, ma con una forte presenza islamista nelle Forze armate e nell’Isi (Inter service intelligence), dominati dall’etnia punjabi, un vero e proprio Stato nello Stato”.
La serata è proseguita con il passaggio di consegne del presidente del Club Atlantico Bologna tra Giuseppe Paglialonga, cedente e Giorgio Battisti, subentrante, a decorrere dal prossimo 1° ottobre. Nel discorso di commiato Paglialonga ha ricordato, non senza emozione, i sette anni del suo mandato, con una serie di eventi tra i quali spicca il 30° anniversario della fondazione del Club, celebrato con un importante convegno il 22 novembre 2018 presso l’Accademia militare di Modena.
“La specificità della Nato – ha concluso Fabrizio Lucciolli – è quella di avere una cinghia di trasmissione che è data dai Comitati Atlantici che sono presenti in 37 paesi e noi, in particolare, siamo presenti sul territorio nazionale con queste strutture locali come il vostro Club, con i quali riusciamo a trasmettere quelle che sono le nostre percezioni sui temi della sicurezza. In questa fase andiamo a rivedere qual’è il nuovo concetto strategico dell’Alleanza, con un summit che si terrà nel giugno del prossimo anno a Madrid. Discussioni come quelle che facciamo oggi permettono di maturare alcune importanti riflessioni. Ringrazio il generale Battisti che ha voluto raccogliere il testimone qui a Bologna”.
Nella foto: da sinistra, Andrea Nicastro, Giuseppe Paglialonga, Fabrizio Lucciolli, Giorgio Battisti e Cesare Ciocca