18 giugno 2011. La missione-lampo in Afghanistan, fin nella base avanzata di Bala Murghab ai confini nord del paese, e’ un messaggio esplicito che il presidente del Senato Renato Schifani invia alle Forze armate italiane, alla societa’ civile a anche al mondo della politica.

 

In Afghanistan, dice la seconda carica dello Stato ai paracadutisti della Folgore che presidiano i fortini che compongono la fascia nord della zona di competenza italiana, e’ in corso una missione strategica la cui prosecuzione non puo’ essere messa in discussione, perche’ la lotta al terrorismo si conduce senza se e senza ma. Il segnale implicito e’ rivolto a quelle forze politiche, come la Lega, che ipotizzano un drastico ridimensionamento delle operazioni militari di pace nel mondo e ed e’ significativo che giunga alla vigilia del raduno di Pontida.

Ma nel discorso che Schifani rivolge alle truppe schierate in rassegna nel ”Camp Arena” di Herat (cuore operativo della missione italiana) e nel forte avanzato di Bala Murghab, c’e’ molto di piu’: c’e’ il riconoscimento di un compito svolto nel silenzio, con un grande tributo di sangue, ma anche con una serenita’ di fondo che – osserva – dovrebbe costituire un esempio per tutti i cittadini e per le forze politiche divise da endemica litigiosita’.

Questi giovani – commenta il presidente del Senato – rappresentano ”la bella Italia”, la parte migliore di un Paese le cui doti di coraggio e di umanita’ sono riconosciute in tutto il mondo. In questa ottica Schifani, dopo aver ricevuto in dono il basco rosso dei para’ della Folgore, ha voluto rendere omaggio al cippo che ricorda il caporalmaggiore Luca Sanna, caduto proprio in quest’area a gennaio per mano di un terrorista infiltrato nell’esercito afgano. E’ la prima volta che una delle massime cariche dello Stato si reca in prima linea sul teatro delle operazioni afgane.

Bala Murghab si trova 170 chilometri a nord di Herat, al confine del Turkemenistan: e’ al centro di una cosidetta ”bolla di sicurezza” (terreno teoricamente bonificato da ogni rischio), composta da una serie di punti di osservazioni e di fortini collegati da trincee. La stessa base e’ una sorta di Fort Apache ai confini delle regioni controllate dagli insorti (talebani e milizie narcos attive lungo la frontiera): una lunga teoria di tende da campo, di automezzi e carri difesi da muri di contenimento, perfino una sorta di cimitero dei blindati che sono esplosi sulle mine anticarro e che sono li’ ben visibili accanto agli elicotteri da combattimento.

Il contingente che controlla la regione Ovest sotto comando italiano e’ composto da circa 8.000 uomini di cui 4.000 italiani e ha gia’ ottenuto significativi risultati: dopo il ritiro dei marines e delle truppe georgiane, il lavoro con le popolazioni civili ha condotto ad alcune ”shure” (intese con i consigli degli anziani), al rientro della gente nei villaggi abbandonati e a una sensibile diminuzione degli attacchi degli insurgent.

C’e’ da ricordare che in questa area le truppe italiane hanno avuto altri morti oltre a Luca Sanna: il sergente maggiore Massimiliano Ramadù e il caporalmaggiore Luigi Pascazio.  Schifani ha ricordato come, anche in una fase di conflittualita’, tutte le forze politiche si ritrovino comunque in un comune sentire dietro le nostre truppe a cui non e’ mai mancato il sostegno unanime del Parlamento al momento del rifinanziamento delle missioni.

L’essere in territorio operativo – ha aggiunto – da’ in senso di una missione che va avanti e progredisce nella ricostruzione di un Paese martoriato. Secondo il presidente del Senato, i ragazzi della Folgore tengono alti questi valori a cui si dovrebbero ispirare politici e cittadini. Il rientro ad Herat e’ avvenuto in elicottero, a volo tattico radente, per consentire da vicino la visione di Sabzak Pass dove si trovano alcune delle postazioni fortificate dei nostri uomini: scenari duri e bellissimi che restituiscono la difficolta’ del compito affidato alla Folgore. In serata Schifani e’ rientrato in Italia.

 

Pierfrancesco Frerè, 18 giugno 2011 20:15

Fonte: ANSA

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