di Giorgio Bernardelli

Ha un nuovo patriarca la “Chiesa madre” di Gerusalemme. Ma è lo stesso pastore che già l’ha guidata negli ultimi quattro anni. E infatti a monsignor Pierbattista Pizzaballa – l’attuale amministratore apostolico (e prima ancora per dodici anni Custode di Terra Santa) – che Papa Francesco ha affidato a pieno titolo l’incarico di patriarca, la guida della comunità di rito latino a Gerusalemme. L’annuncio della nomina è stato dato ieri a mezzogiorno in contemporanea dalla Sala Stampa vaticana e dal patriarcato nella Città Santa in un giorno significativo: la vigilia della festa di Nostra Signora della Palestina, che si celebra oggi nel santuario di Deir Rafat.

Si tratta di una nomina non scontata: monsignor Pizzaballa era stato chiamato da papa Francesco ad assumere l’incarico di amministratore apostolico nel giugno 2016 in una situazione delicata. La rinuncia per raggiunti limiti di età del precedente patriarca, il giordano Fouad Tbval, aveva coinciso infatti con l’emergere di un grave problema nella gestione finanziaria della Chiesa di Gerusalemme. Per questo il Pontefice aveva scelto di ricorrere a un amministratore apostolico, nella persona di padre Pizzaballa – personalità conosciuta e stimata dai cristiani di Terra Santa – elevandolo al contempo alla dignità di arcivescovo, dal momento che il suo mandato non sarebbe stato breve. L’ex Custode non aveva comunque nascosto di considerare il suo incarico a termine; e quando qualche mese fa il grave problema del debito – grazie anche a scelte dolorose – era finalmente tornato sotto controllo, si apprestava a passare il testimone.

«Sono stati anni di ripresa, di raccolta, di impegno intenso, non sempre agevole, talvolta faticoso – ha scritto ieri Pizzaballa ai fedeli della Terra Santa, ripercorrendo questa esperienza -. Quando pensavo che il mio mandato a Gerusalemme fosse concluso, mi è arrivato un nuovo invito di Papa Francesco che mi vuole patriarca. E così mi si chiede stavolta di “restare”». Lo stesso verbo – ha commentato – rivolto da Gesù agli apostoli prima dell’Ascensione: «A loro, ancora disorientati e perplessi, tentati di andarsene per la loro strada, o di risolvere tutto e subito, di forzare quasi i tempi di Dio, Gesù dice: restate in città. Dunque resto anch’io, per camminare tra voi e con voi, nella fede e nella speranza, attendendo la forza che viene dall’alto».

Pizzaballa – frate francescano di 55 anni, originario di Cologno al Serio, in diocesi di Bergamo – diventa il decimo patriarca da quando nel 1847 la Santa Sede ha ripristinato la sede di Gerusalemme dei latini. Dopo due presuli arabi – Michel Sabbah dal 1987 al 2008 e Fouad Tbval dal 2008 al 2016 – a guidare il patriarcato che ha giurisdizione su Israele, Palestina, Giordania e Cipro torna a essere un religioso italiano. Anche se padre Pizzaballa, in Terra Santa dal 1990, è una figura difficilmente incancellabile dentro a uno schema. Da amministratore apostolico ha già mostrato tutta la sua volontà di lasciarsi guidare solo dal Vangelo nella lettura delle ferite che attraversano la Gerusalemme di oggi.

Le ha elencate anche ieri nel suo messaggio ai fedeli: «la politica dal corto respiro e incapace di visione e di coraggio», ma anche la frammentazione, la crisi economica, la pandemia, le difficoltà delle scuole, «le nostre comunità ecclesiali a volte così fragili». «Ma in questi quattro anni – ha aggiunto – ho sperimentato che, insieme ai tanti problemi, abbiamo anche le risorse, il desiderio e la forza di guardare avanti con fiducia, capaci di vivere l’ambiguità di questo tempo con speranza cristiana». Per rimanere «non tanto in un luogo, ma in una disposizione dell’animo: fedeli al dono di Cristo e di noi stessi per la salvezza del mondo». Tanti ieri i messaggi di felicitazioni al nuovo patriarca. Tra questi quello del vescovo di Bergamo Francesco Beschi a nome della sua diocesi d’origine: «Lo accompagniamo con la nostra preghiera in questo servizio che diventa ancora più impegnativo. L’affetto e la considerazione confido li avverta, da oggi, ancora più intensi».

Fonte: Avvenire

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