Autocritica giornalistica sul feticcio della rete scambiata per realtà

Sono bastate “trentamila visualizzazioni su Repubblica.it” per far titolare, sul quotidiano cartaceo di ieri, che “il web si schiera con Saviano” sulla legge anti mazzette. Il web, declinato secondo le circostanze in “il popolo della rete”, “il popolo di Twitter”, e così via, è l’ultimo tic del giornalismo italiano, il nuovo leader dell’opinione pubblica, il babau moderno, anche se somiglia sempre di più al fondo del barile. Basta che qualche centinaio di persone twitti un commento di protesta su un argomento a caso e già si parla di “rivolta su Twitter”, che qualche milione di utenti clicchi su un video di YouTube e quello stesso video “impazza su Internet”.

Nell’epoca in cui autorità e autorevolezza hanno perso di significato, si cerca soccorso nei numeri di Internet per dire se una cosa valga o meno, se una cosa è vera o no. Sarà che da qualche tempo a questa parte i giornalisti hanno scoperto Twitter, e passandoci sopra molte ore delle proprie giornate cominciano a pensare che quello che si dice sul social network sia il pensiero comune, il sentire della maggioranza, fatto sta che titoli così sono all’ordine del giorno: “Twitter va all’attacco di un criminale di guerra” (Corriere.it), “Il popolo di Twitter in rivolta contro Jonathan Franzen” (Direttanews.it), “Il popolo di Twitter si interroga sul nuovo incidente della Costa Crociere” (Messaggero.it), “Il web contro il premier” (Repubblica), “Il popolo della rete non perdona Martone” (di nuovo Corriere.it) fino a trovate ridicole come “Suona Beethoven con le natiche, il web impazzisce per Michelle” (ancora il Messaggero on line). La vigente e dura legge del clic (per cui sono più fighi quei siti che ricevono tanti clic dagli utenti) costringe i giornali a pubblicare qualsiasi cosa, e il fatto che se ne parli “sulla rete” è diventato il nuovo “visto, si stampi”.

Nell’attesa di capire se il web che si schiera con Saviano è proprio tutto il web, è anche nato un blog, #ilpopolodellaretenonperdona, che raccoglie il meglio dei titoli sul nuovo “popolo”. C’è anche questo tweet, che andrebbe stampato nei manuali per l’esame di giornalismo: “Giornalisti basta pezzi su quello che la gente scrive su Twitter. Non è una notizia e se voglio saperlo apro Twitter”.

Fonte: Il Foglio, 14 marzo 2012

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