di Alessandra Levantesi Kezich

“L’ufficiale e la Spia” si ispira al thriller best seller di Robert Harris (Mondadori, 2013) che con estrema accuratezza rievoca il Caso Dreyfus, ovvero l’«Affaire» come lo chiamano i francesi, nella consapevolezza della sua rilevanza storica e simbolica. Perché la condanna per tradimento del capitano ebreo alsaziano, imprigionato nell’Isola del Diavolo sotto l’infondata accusa di aver passato informazioni militari ai tedeschi, non solo fece esplodere uno scandalo politico che fra il 1894 e il 1906 spaccò la Francia in due; ma sulla soglia del Secolo Breve fu anche il banco di prova dell’orribile ondata antigiudaica che avrebbe travolto il vecchio continente.

Diamo atto a Harris di aver conferito piglio romanzesco alla vicenda, scegliendo come protagonista il personaggio vero di Georges Picquart: ufficiale a capo della sezione di controspionaggio che, scoperta l’inconsistenza e la falsità delle prove a carico di Dreyfus, ebbe il coraggio di andare fino in fondo, inimicandosi lo stato maggiore e un’opinione pubblica aizzata da una potente macchina denigratoria nazionalista e antisemita.

Diamo atto a Polanski di essere il grande cineasta che è. Evidenziando di Dreyfus (uno stoico Louis Garrel) il senso di appartenenza all’Arma (altro che tradimento!), l’educazione alto borghese, l’onestà, il regista gli pone a specchio Picquart, militare colto e bon vivant non esente da pregiudizi antiebraici; e tuttavia integerrimo al punto da mettere a rischio reputazione e carriera in nome della giustizia.

E sempre con tocchi essenziali – nella magnifica gamma cromatica del direttore di fotografia Pawel Edelman – restituisce il clima della Parigi d’epoca fra tribunali, camere da letto, prigioni, salotti letterari. Ottime le scenografie di Rabasse, di sobria intensità la musica di Desplat, perfetta la scelta di Jean Dujardin in un cast popolato di fantastici attori della Comedie Francaise.

Nessun superficiale ammiccamento al presente, ma vetri di negozi infranti, roghi di libri, folle scatenate parlano da soli. Mentre sul fronte dei Giusti, Emile Zola, con il suo veemente J’accuse di denuncia delle irregolarità di un processo farsa, ci ricorda cosa significa essere un vero intellettuale.

Fonte: La Stampa, 21 novembre 2019

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