1 marzo 2019. Il terrorismo jihadista è tutt’altro che sconfitto e in Italia “non c’è rischio zero” nonostante l’ottima prevenzione; l’immigrazione resta un problema globale anche
perché in futuro ci sarà quella terrestre dall’Asia; si continua a monitorare la
situazione libica e il quadrante saheliano, “presidio per la sicurezza dell’Italia”. Sono
alcuni dei punti sottolineati ieri dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte (che ha
mantenuto la delega all’intelligence), presentando la relazione annuale dei servizi
segreti al Parlamento. Conte ha ribadito la “scelta europea e atlantica” come
collocazione internazionale dell’Italia definendo inoltre il comparto intelligence uno
“strumento di pace” perché, nonostante le numerosissime crisi internazionali,
bisogna “abolire le soluzioni militari”. Sul tema cyber, cui la relazione destina una
corposa sezione alla quale ha fatto cenno Conte, riferiamo a parte.
Della minaccia globale, anche a causa della “competizione socioeconomica
mondiale”, ha parlato il generale Gennaro Vecchione, direttore del Dis, presente
con i direttori dell’Aisi, Mario Parente, e dell’Aise, Luciano Carta. Vecchione, tra
l’altro, ha spiegato che l’anno scorso sono state bloccate manovre speculative in
danno del debito sovrano e dell’euro. In platea, con i ministri Elisabetta Trenta e
Alfonso Bonafede, c’erano anche i membri del Copasir con il presidente, Lorenzo
Guerini, e il vicepresidente, Adolfo Urso.
GLI SCENARI GEOPOLITICI
La situazione internazionale offre numerosi spunti di preoccupazione, a cominciare
dalla competizione economica e tecnologica tra i grandi Paesi. Stati Uniti, Russia e
Cina stanno costringendo il resto del mondo a schierarsi o ad adeguarsi. La
relazione dei servizi sottolinea che Pechino e Mosca sono determinate “ad acquisire
o a riconquistare un ruolo di assoluta centralità” e per l’Italia devono essere
entrambi “interlocutori imprescindibili” per tutelare i nostri interessi e cogliere
opportunità di sviluppo. Da un lato non esistono aree del pianeta dove l’influenza
della Cina “non sia consolidata o non risulti in rapido incremento”, dall’altro
l’attivismo della Russia si sta estendendo ai Balcani, all’Africa, al quadrante Afpak
(Afghanistan-Pakistan), al sud-est asiatico.
L’Italia, intanto, deve guardare al Mediterraneo allargato e all’Africa. In Libia lo
scontro si sta ampliando oltre la contrapposizione tra Tripoli e Tobruk e l’intelligence
sta monitorando i vari gruppi armati presenti, dalle zone costiere alle tribù del
Fezzan. A difesa degli interessi nazionali, è controllata in particolare l’area della
mezzaluna petrolifera, il cosiddetto Oil Crescent. Inoltre, attenzione particolare viene
riservata al quadrante saheliano e agli sviluppi locali in Mali, Niger, Gambia e
Nigeria, a supporto dell’azione italiana nell’ambito di missioni internazionali o
bilaterali.
TERRORISMO INTERNAZIONALE
Anche l’anno scorso l’attenzione dei servizi sul terrorismo jihadista è stata massima,
con intenso scambio di informazioni con gli alleati e, in Italia, all’interno del Casa, il
Comitato di analisi antiterrorismo. Il web è sempre un pericolo sia per la diffusione
della propaganda estremista con appelli ai lupi solitari, sia per veicolare messaggi
antioccidentali con minacce all’Italia e al Vaticano. Nella relazione si cita l’arresto di
un ventiduenne egiziano il 21 novembre a Milano come esempio di “jihadismo della
tastiera”, diviso da un “sottile confine” da quello attivo. Quel ragazzo frequentava
forum jihadisti e si diceva pronto a combattere. In Italia resta invece il pericolo dei
“radicalizzati in casa”, un bacino definito “sempre più ampio e sfuggente” che rende
determinante la prevenzione.
I FOREIGN FIGHTER
Sono saliti a 138 l’anno scorso i combattenti in qualche modo collegati all’Italia,
aumentati dai 129 del 2017 per l’individuazione di casi risalenti agli anni precedenti
mentre non ci sono state nuove partenze. Difficile fornire una cifra esatta dei
combattenti e dei foreign fighter oggi in Siria e in Iraq: si parla di 18mila unità di cui
8mila stranieri tra i quali 2.600 europei dell’area Schengen e 500 balcanici.
Sarebbero tornati in 1.700, di cui 400 nei Balcani, ma la relazione sottolinea un dato
che gli investigatori ripetono da tempo: non è tanto pericoloso il numero quanto il
profilo dei “returnees” perché ci sono soggetti con esperienza di guerra, di armi ed
esplosivi e possono aumentare il proselitismo. L’Isis, anche se più debole, resta
comunque in grado di ispirare attacchi in Europa “suggerendone autori e modi”.
Inoltre, diffonde la minaccia dell’uso di droni, facilmente reperibili e modificabili, e
di sostanze chimiche tanto che nel canale tv “al Saqri Institute of War Science” viene
spiegato dettagliatamente come usarle. Nello stesso tempo, preoccupa un possibile
ritorno di al Qaeda approfittando dell’indebolimento dello Stato islamico.
IMMIGRAZIONE
Il drastico calo degli sbarchi, con una flessione di oltre l’80 per cento, è dipeso dalla
Guardia costiera libica che ha rafforzato le proprie capacità e dai maggiori controlli a
sud della Libia, “specie in territorio nigerino”, con quella che nella relazione è
definita “strategia del presidio avanzato” condivisa con l’Ue. Dal punto di vista
dell’intelligence, controllare l’immigrazione significa prevenire eventuali infiltrazioni
terroristiche: i flussi migratori sono stati utilizzati in “modo sporadico e non
strutturale” (due gambiani addestrati in Libia furono arrestati l’anno scorso a
Napoli), altra cosa invece sono gli sbarchi occulti o sbarchi fantasma, specifiche
tratte soprattutto dalla Tunisia. Connesse al fenomeno sono le reti criminali che
fanno affari e organizzazioni dedite alla falsificazione dei documenti, soprattutto nel
Balcani e in Campania. In generale, la criminalità organizzata tenta di inserirsi nel
circuito dell’accoglienza per intercettare i finanziamenti pubblici.
Nel suo intervento Conte ha insistito sul fatto che l’Italia è stata lasciata sola anche
se “nessuno può chiudersi nel proprio orticello” perché, quasi chiusa la rotta del
Mediterraneo centrale, sono aperte quelle del Mediterraneo orientale e occidentale
e, in prospettiva, si attiverà la rotta terrestre dall’Asia.
LA SICUREZZA ECONOMICO-FINANZIARIA
È un tema di cui si parla poco, eppure è determinante per la sicurezza e la stabilità
dell’Italia. L’intelligence ha individuato azioni per rubare (la relazione usa il termine
educato di “esfiltrare”) tecnologia e know-how e un costante spionaggio industriale
in danno delle imprese italiane. Operazioni raffinate hanno visto la
marginalizzazione di manager italiani, anche nell’ambito di partnership o joint
venture, fino ad azioni di influenza attraverso consulenti o manager “fidelizzati”. I
servizi segreti hanno inoltre difeso il sistema finanziario bloccando manovre
speculative in danno del debito sovrano e dell’euro. Non sono mancate azioni
illecite con l’uso della tecnologia blockchain o delle criptovalute per finanziare il
terrorismo o per l’evasione fiscale.
L’ESTREMISMO INTERNO
L’anarco-insurrezionalismo si conferma il maggiore pericolo interno, dimostrato
dalle recenti operazioni a Torino e a Trento. C’è una tendenza crescente alla
radicalizzazione diffondendo documentazione con obiettivi da colpire grazie anche a
contatti, di persona o sul web, con analoghe realtà di altri Paesi. Più ristretto il
mondo dell’estremismo marxista-leninista che prova a riprodurre il linguaggio
brigatista mentre la galassia antagonista tenta di mobilitare la popolazione straniera.
Anche l’ultradestra si conferma attiva e legata a omologhe formazioni estere.
Stefano Vespa Fonte: formiche.net