di Monica Guerzoni
Guido Crosetto è appena uscito da una call con premier e ministri quando risponde al Corriere e da voce alla preoccupazione del governo: «È un attacco terroristico, quasi una dichiarazione di guerra, di fronte alla quale non poteva che esserci la solidarietà dell’Italia. Stiamo ragionando sui possibili sviluppi di questa guerra, inattesa soprattutto per l’intensità che non ha eguali negli ultimi 20 anni».
Lei si aspettava l’attacco di Hamas, ministro?
«Giorni fa ho detto che mi preoccupava l’Iran forse più dell’Ucraina e tutti mi hanno risposto che avevo preso troppo sole. Hamas non è storicamente vicino all’Iran, ma viviamo una fase in cui si saldano elementi e si individuano nemici comuni. La reazione israeliana sarà molto dura».
Più del raid su Gaza?
«Israele ha subito una ferita profondissima, per la modalità dell’attacco, per il numero di morti e prigionieri e per le immagini di omicidi barbari. La reazione non può che essere forte, riaprendo un fronte in cui si inseriscono tutti gli altri attori che negli ultimi due anni hanno contribuito a destabilizzare il mondo».
L’Onu vede un «precipizio pericoloso». Il conflitto è destinato ad allargarsi?
«Gli elementi di instabilità nella zona sono tanti, dalla Siria al Libano e Iran e Russia possono avere interesse a destabilizzare l’area. Sono preoccupato anche per i 1.200 soldati della missione Unifil dislocati al confine tra Israele e Libano. Lo scontro con Hamas è esploso al Sud, ma il rischio di destabilizzazione riguarda anche il Nord».
Se la sente di rassicurare gli esponenti della comunità ebraica in Italia?
«In Italia c’è allerta perché, purtroppo, questi eventi possono comportare una scia di antisemitismo».
Sul sostegno all’Ucraina, l’Europa mostra crepe. La linea italiana dell’appoggio illimitato a Kiev, anche militare, sta per cambiare?
«Il sostegno italiano è sempre stato convinto dal punto di vista politico, ma non è mai stato illimitato per possibilità di contributi. Dal punto di vista tecnico è una limitazione di quantità, mentre sul piano della decisione politica non è cambiato nulla».
Giorgia Meloni ha paura che la «stanchezza dell’opinione pubblica» le faccia perdere voti alle Europee?
«Non c’è assolutamente nulla di tutto questo. Quello del governo italiano resta un sì, con alcune limitazioni dovute alla lunghezza di un conflitto che dura da oltre un anno e mezzo. Più passa il tempo, più diminuisce la possibilità di aiutare l’Ucraina con risorse che non sono illimitate. Non è una scelta politica, ma un ragionamento banale. Un po’ come a casa, quando finiscono le scorte alimentari».
Quindi l’ottavo pacchetto di anni a cui il governo italiano lavora sarà l’ultimo?
«Noi non cambiamo linea, vediamo però che la situazione in Ucraina si sta incancrenendo. Kiev ha grande difficoltà a riconquistare i terreni persi e Mosca non riuscirà mai a conquistare la nazione attaccata. Assistiamo all’impossibilità di risolvere il conflitto sul campo. Per cui noi continuiamo ad aiutare chi ha ragione, ma analizziamo ogni giorno tattiche più proficue per costruire tavoli di dialogo, raggiungere la pace e avviare la ricostruzione di un territorio invaso e smembrato».
Si è chiarito con Tajani, che l’aveva fatta arrabbiare annunciando l’ottavo pacchetto di torniture militari?
«Tajani ha correttamente annunciato la decisione politica di lavorare all’ottavo invio, che dovrà poi essere costruito dialogando con l’Ucraina dai “tecnici” della Difesa. Non c’è stato e non c’è nessuno scontro tra me e Tajani».
E tra governo e Colle? Per Mattarella se Kiev cade si rischia la guerra mondiale.
«È quello che, absit iniuria verbis, dico da io mesi, se cadesse l’Ucraina avremmo i carri armati russi ai confini dell’Europa. Se Kiev perde, rischierebbe di scoppiare la terza guerra mondiale, cosa che molti filo putiniani in Italia fanno finta di non capire».
Dal 2024 servirà un nuovo voto parlamentare. La Lega voterà altri invii di armi?
«Suppongo che questo ottavo pacchetto arriverà prima di dicembre».
La giudice Apostolico si deve dimettere, come chiede la Lega di Salvini?
«Ognuno ha i suoi modi di porre i temi. Sono anni che io parlo di legittima suspicione rispetto ad alcune manifestazioni pubbliche di certi magistrati. Se la manifestazione esteriore di un giudice genera il dubbio che il suo giudizio non sia equilibrato, ho il diritto di chiederne un altro».
Tirare fuori video o dossier non riapre la guerra tra politica e magistratura?
«Non bisogna riaccendere la guerra, ma sollevare i problemi è giusto. Chi lo dice che sia la politica a volere lo scontro? Ogni occasione è buona perché l’altra parte risponda in modo compatto. Se io dico che non mi fido di un magistrato non sto attaccando la magistratura. Cerchiamo di non ampliare la polemica e stiamo ai fatti, cioè alla necessaria terzietà di un giudice».
Come Salvini e Meloni anche lei accusa Apostolico di essere di parte?
«Disattendere una legge è gravissimo. Spesso la giurisprudenza ha stravolto le leggi, ma negarle e disapplicarle è eccessivo e allora sì che il tema diventa politico».
La Lega intanto cresce nei sondaggi. Sbaglia la premier a rincorrere Salvini sul dossier immigrazione?
«Meloni sta affrontando i problemi principali in modo serio e non approssimativo, senza inseguire nessuno».
I leader sovranisti di Polonia e Ungheria hanno fatto naufragare t’intesa sui ricollocamenti dei migranti. Meloni dovrà ripensare le sue alleanze per le Europee?
«La linea è sempre la stessa, sperare che il fronte che mette insieme Popolari e Conservatori sia maggioritario alle Europee. È l’unica boa a cui ancorare la Ue, perché la linea dei socialisti in Italia, Spagna e Germania è distruttiva per l’economia».
Fonte: Corriere della Sera