di Daniele Raineri
La catena di comando dell’esercito russo nel Sud dell’Ucraina si sta spezzando per colpa di una crisi senza precedenti nella storia recente. Ieri il generale Ivan “Spartak” Popov (nella foto) comandante della 58esima armata interforze, è stato cacciato dal suo incarico dal capo delle operazioni, il generale Valery Gerasimov, perché aveva accusato di tradimento i suoi superiori, aveva fatto loro domande scomode e dirette e aveva minacciato in caso di non risposta di andare a parlare con il presidente Putin. Gerasimov, che dopo la rivolta armata dei mercenari del gruppo Wagner del 24 giugno non può tollerare più il minimo segnale di dissenso, ha subito rimosso Popov e quello per tutta risposta ieri sera ha messo su Telegram un messaggio audio devastante, per spiegare ai suoi soldati – che lui chiama “gladiatori” – che cosa sta succedendo.
Le accuse di Popov
Popov in particolare accusa i suoi superiori perché fanno finta di non capire che l’esercito russo schierato sul fronte di Zaporizhzhia a reggere l’onda d’urto della controffensiva ucraina manca della capacità di fare fuoco di controbatteria e di intercettare missili. Il fuoco di controbatteria è una parte indispensabile della guerra: in teoria quando gli artiglieri ucraini sparano contro le postazioni russe i soldati russi dovrebbero riuscire a capire da dove hanno sparato e colpirli a loro volta. Invece le truppe russe non hanno i mezzi e le capacità per fare questa cosa e sono esposte ai bombardamenti con l’artiglieria e agli attacchi missilistici: Popov ha presentato un rapporto su questo problema e poi, quando è stato cacciato, ha scelto di fare una denuncia pubblica.
L’attacco all’Hotel Dume
Si capisce perché il generale russo è così scosso. Lunedì un missile Storm Shadow, donato dal Regno Unito all’Ucraina, ha distrutto l’hotel Dune di Berdyansk, sulla spiaggia del mare di Azov, che era stato requisito dai suoi soldati e trasformato nel quartier generale della 58esima armata interforze della Russia. Quel giorno Popov si è salvato perché non era lì, ma il missile ha ucciso il suo superiore, il generale Oleg Tsokov, numero due del Distretto militare meridionale che dirige tutta l’invasione russa nel sud dell’Ucraina. È chiaro che gli ucraini hanno attaccato in quel momento perché disponevano di buone informazioni d’intelligence. Nel giro di sedici giorni i soldati del Distretto Sud hanno prima visto i mercenari della Wagner occupare armi in pugno il loro quartier generale a Rostov in Russia e poi hanno visto il loro secondo quartier generale, quello nell’Ucraina occupata più vicino alle zone d’operazioni, raso al suolo da un missile.
“Come oggi dicono molti comandanti di reggimento e divisione, il nostro esercito non è stato distrutto al fronte, ma è stato colpito alle spalle dal nostro comandante più alto in grado, che ha decapitato a tradimento l’esercito nel periodo più difficile”, dice Popov nel suo messaggio. I suoi soldati in questi mesi stanno difendendo la cosiddetta linea Surovikin, che prende il nome dal generale Sergei Surovikin che ne ha ordinato la costruzione durante i mesi invernali e che dal 24 giugno, data del tentato golpe a Mosca, è scomparso – fonti non ufficiali dicono che è trattenuto dai servizi di sicurezza per essere interrogato sul possibile ruolo, suo e dei suoi sottoposti, nel tentativo di colpo di Stato. Questa è l’aria che si respira tra le forze d’invasione russe in Ucraina, dopo cinquecento giorni di conflitto.
Pochi giorni dopo il quasi golpe del 24 giugno il dittatore bielorusso Lukashenko, spiegando al suo ministro della Difesa perché avesse accettato di ospitare i mercenari del gruppo Wagner in Bielorussia, ha citato così il presidente russo: “Putin mi ha detto: i combattimenti con il fuoco di controbatteria sono impossibili senza di loro”. Questa frase è riportata dall’agenzia russa Tass.
Fonte: la Repubblica