3 gennaio 2013. Nessuno sfugge alla tradizione dei buoni propositi di inizio anno: nemmeno l’esercito dello Stato ebraico. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno pubblicato sul proprio profilo Twitter, sempre attivissimo, una lista delle ‘cose da fare nel 2013’, che conta in tutto cinque proponimenti.
Se alcuni sono classici e prevedibili, come “garantire sicurezza al popolo israeliano” e “rafforzare la cooperazione con i nostri alleati”, altri sono invece più particolari: ad esempio, l’intenzione di “sviluppare tecnologie innovative”. Spicca, poi, la volontà di esercitarsi per “missioni di soccorso in Paesi stranieri colpiti da catastrofi naturali”.
Intento che appare coerente con un tentativo di modificare agli occhi della comunità internazionale l’immagine delle Idf, di frequente considerate esclusivamente un “esercito di occupazione”. I soldati israeliani, del resto, sono spesso in prima linea in caso di disastri naturali. Dati forniti dall’esercito, aggiornati al gennaio 2012, parlano di 15 missioni di salvataggio dispiegate negli ultimi trent’anni.
E’ avvenuto, per esempio, in occasione del terribile terremoto che nel 2010 ha sconvolto Haiti. Al tempo, partirono per l’isola di Hispaniola alcune centinaia di militari (un terzo dei quali riservisti richiamanti espressamente per la missione), tra cui una quarantina di medici e circa cinquanta tra paramedici e infermieri. Ma avere truppe preparate in caso di catastrofe naturale ha anche un effetto collaterale prezioso.
Consente infatti di essere “più efficienti” dal punto di vista bellico. E’ quanto ha spiegato il capo di Stato Maggiore, Benny Gantz, lo scorso ottobre. Il 21 di quel mese in Israele si è tenuta una vasta esercitazione militare in cui lo scenario simulato era quello di un terremoto. “Avere unità d’emergenza ben preparate – ha dichiarato il generale – consentirà alle Idf non solo di fronteggiare efficientemente i disastri, ma anche di lavorare meglio in guerra”.
Fonte: ANSAmed