di Carmelo Abisso

Il Centro studi storico-militari e geopolitici, in collaborazione con il Comando Militare Esercito Emilia Romagna, ha organizzato il 28 marzo presso la caserma Cialdini di Bologna la conferenza “Paolo Caccia Dominioni, ingegnere, architetto, soldato, partigiano, disegnatore, illustratore e scrittore. Un grande italiano caduto nell’oblio”. Relatore il professor Giorgio Sangiorgi.

Dopo il saluto del colonnello Guido Orsolini Orsolini, comandante militare regionale, che ha raccontato come nel 1987 da aspirante allievo ufficiale in un corridoio dell’Accademia militare di Modena vide per la prima volta “non un disegno ma un’illustrazione” di Paolo Caccia Dominioni, il generale Antonio Li Gobbi, presidente del Centro studi, ha introdotto la figura del grande italiano: “Personaggio poliedrico, affascinante, eccelso in tante discipline, conoscitore della cultura del mondo arabo e fondatore della specialità guastatori del genio”.

“Paolo Caccia Dominioni, quattordicesimo conte di Sillavengo, nasce il 14 maggio 1896 a Nerviano (Mi) in una famiglia di forti tradizioni patriottiche – ricorda Sangiorgi – Tre i valori insegnati in famiglia: dovere verso se stessi, verso il prossimo e verso la Patria. In uniforme dal 1915 al 1945, da soldato semplice al grado di tenente colonnello. Volontario del 10° reggimento bersaglieri nel 1915, sottotenente del genio pontieri e lanciafiammista nel 1917, viene decorato con la medaglia di bronzo al valor militare. Nel 1931 viene richiamato col grado di capitano in Libia, nel 1935 in Abissinia viene decorato con la croce di guerra al valor militare. Parlava tedesco, francese, inglese e arabo. Nel luglio del 1942, da maggiore assume il comando del 31° battaglione genio guastatori alpino e combatte la 1^ e la 2^ battaglia di El Alamein. Riceve da Rommel la croce di ferro di seconda classe e viene decorato con la medaglia d’argento al valor militare. Dopo l’8 settembre sceglie la Resistenza e viene nominato capo di stato maggiore del Corpo lombardo volontari della libertà con Enrico Mattei e decorato con un’altra medaglia di bronzo al valor militare. Nel 1948 viene incaricato dal governo italiano di redigere una relazione sullo stato del cimitero di guerra italiano di quota 33 a El Alamein, a cui seguì presto l’incarico di risistemazione. Ebbe inizio così una missione di recupero che durò circa quattordici anni, spesi in gran parte nel deserto, alla ricerca delle salme dei caduti di ogni nazione, assieme a Renato Chiodini, culminante con la costruzione del sacrario italiano da lui progettato. Sono 5460 i caduti tumulati nel Sacrario italiano di El Alamein. “La matita è lo strumento con cui continua a trasmettere la sua visione del mondo”. Nel 1958 sposò Elena Sciolette e continuò la sua attività di progettista e scrittore anche in tarda età fino alla morte, sopraggiunta all’ospedale militare del Celio all’età di 96 anni nel 1992. Nel 2002, in occasione del 60º anniversario della battaglia di El Alamein, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi appuntò alla vedova Elena la medaglia d’oro al valore dell’Esercito concessa “alla memoria” al tenente colonnello Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo.

Memorabile la lettera che scrisse il 20 giugno 1962 al Maresciallo Bernard Montgomery in risposta e contro il suo libro Da Alamein al Sangro : “Mio Lord, quando Ella pubblicò le Sue memorie Le scrissi che avrebbe fatto meglio a tacere, perché le rodomontate possono anche piacere nel caporale che poi le deve giustificare a esclusivo rischio della propria pelle, non in un capo arrivato ai massimi onori, e tuttavia compiaciuto di mescolare il forsennato orgoglio a un livore da portinaia parigina.Tutto ciò manca di stile, non è da Lord. …….Nel suo volume Ella ebbe la impudenza di affermare che Horrocks trovo un ostacolo impensato, i campi minati: e toglie implicitamente qualsiasi merito alla difesa fatta dall’uomo; vuoi ignorare che quei campi erano stati creati anni prima dagli stessi inglesi, che vi esistevano strisce di sicurezza non minate e segrete, a noi ignote, che permisero ai Suoi carri di piombarci addosso in un baleno, accompagnati da fanterie poderose. Eppure l’enorme valanga, per quattro giorni e quattro notti, fu ributtata alla baionetta, con le pietre, le bombe a mano e le bottiglie incendiarie fabbricate in famiglia, «home made». La Folgore si ridusse a un terzo, ma la linea non cedette neppure dove era ridotta a un velo. Nel breve tratto di tre battaglioni attaccati, Ella lasciò in quei pochi giorni seicento morti accertati, senza contare quelli che furono ricuperati subito e i feriti gravi che spirarono poi in retrovia. E questa è strage da attacco dimostrativo? Come può osare affermarlo? Fu poi Lei a dichiararlo tale, dopo che Le era finalmente apparsa una verità solare: mai sarebbe riuscito a sloggiarci dalle nostre posizioni (che abbandonammo poi senza combattere, d’ordine di Rommel, ma questa è faccenda che non riguarda Lei), e preferì spedire il Suo Horrocks a nord, per completare lo sfondamento già in atto. La sua malafede, mio Lord, è flagrante. Ella da noi le prese di santa ragione. lo che scrivo e i miei compagni fummo e restiamo Suoi vincitori”.

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