Intervento del generale Luciano Portolano, Capo di Stato Maggiore della Difesa

Ci troviamo qui, oggi, per celebrare la riapertura di questa opera monumentale e per commemorare tutti coloro che, indipendentemente dallo schieramento al quale appartenevano, hanno combattuto e sono caduti nelle sanguinose battaglie che hanno profondamente segnato la storia di questi luoghi e dell’Italia, durante la “Grande guerra”.

Battaglie che hanno profondamente segnato anche la vita del territorio, e che non possono non riportarci alla mente quanto sta, purtroppo, ancora accadendo ai nostri giorni, ad esempio in Ucraina e in altre aree del mondo.

I soldati, gli uomini che qui riposano… erano figli, padri e mariti, giovani che – ricordando le parole del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella – non hanno avuto il “dono di vivere il futuro che avevano sognato” e che hanno donato la loro vita per i valori in cui credevano.

Tra queste colline, in questi posti, si è scritta una delle pagine più tragiche e valorose della nostra storia. Una storia che non è scritta solo sui libri, ma che troviamo scolpita nelle pietre e nelle croci che segnano il riposo eterno di questi soldati.

Ricordare i caduti e conservare i luoghi della memoria, come il Sacrario Militare di Oslavia o come i tanti altri in Italia e all’estero, significa custodire un valore culturale fondamentale, che unisce il presente al passato, da cui dobbiamo trarre insegnamento.

Un valore, quello della memoria, che quotidianamente sarà rievocato dai rintocchi della restaurata “campana chiara”, che torneranno a risuonare a ogni tramonto per le colline del Carso, a ricordo di tutti i caduti che qui riposano …a ricordo degli oltre 57.000 soldati italiani e 539 soldati austro-ungarici, caduti nello schieramento opposto…

Soldati che, con lo stesso onore, hanno dato la vita per la loro bandiera e per la loro Patria, lungo quel fronte che una volta li contrapponeva e che invece, ora, unisce due popoli, quello italiano e quello sloveno, in un percorso di collaborazione e sviluppo.

Ed è in questo senso che la cerimonia odierna ben si inserisce tra le manifestazioni che vedono Gorizia e Nova Gorica condividere la nomina a capitale europea della cultura 2025. Un riconoscimento che rappresenta un esempio concreto di come le ferite del passato e la cultura della memoria di due città, appartenenti a paesi diversi, Italia e Slovenia un tempo rigidamente divisi da un confine, non siano un ostacolo alla convivenza pacifica, ma debbano, piuttosto, essere trasformate in uno strumento di dialogo e di opportunità per una crescita comune…

Opportunità di crescita e di sviluppo di cui oggi possiamo beneficiare grazie, soprattutto, al sacrificio di chi ci ha preceduto.

Un sacrificio che abbiamo il dovere di non dimenticare mai, e il cui ricordo deve fungere da stimolo per unire tutte le nazioni in nome della pace, rinnovando il comune impegno a difenderla con determinazione, per evitare che tali tragedie si ripetano…

Un impegno, quello della pace, che vede noi, appartenenti alle Forze armate, ora come allora, quotidianamente impegnati in prima linea, a presidio dei princìpi e dei valori su cui essa si fonda…

Un impegno che ci vede garanti del diritto alla sicurezza e del rispetto della dignità umana, specialmente dei più deboli e di chi non può difendersi…nel solco delle gesta e della memoria dei soldati qui sepolti, che severamente ci ricordano come la pace sia un valore prezioso, da difendere ad ogni costo.

 

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