di Ginevramaria Bianchi
Dopo dodici anni, finalmente, luce. Questa è stata la prima sensazione che ha invaso gli occhi di chi domenica 15 dicembre ha varcato la soglia della chiesa di San Domenico, riaperta ai fedeli dopo una lunga attesa. L’ultima volta che le sue porte si erano spalancate, era il 2012, e ciò che accoglieva lo sguardo erano solo le macerie lasciate dal devastante terremoto. Da allora, un lungo lavoro di restauro ha restituito alla città uno dei suoi luoghi più iconici, simbolo di fede e storia. Per l’occasione, oltre trecento persone si sono radunate davanti al portone, creando una folla densa di emozione e trepidazione.
L’inaugurazione
Don Domenico Soliman, superiore generale della Società San Paolo, si è fatto largo tra la gente con un passo lento. Avvicinatosi alla porta, ha bussato, giusto tre tocchi delicati con le nocche. Poi, con un movimento deciso, ha spinto il portone, ed è stato come se il tempo si aprisse insieme a quella soglia. Il fiume umano ha cominciato a scorrere all’interno della chiesa, e lì, ad accoglierli, c’era una luce intensa, calda, che si rifletteva sulle colonne di marmo e su ogni dettaglio dell’altare. Le voci della folla si sono smorzate rapidamente, lasciando spazio a un silenzio rispettoso e colmo di attesa. Molti si guardavano intorno, occhi spalancati, bocche aperte in segno di stupore.
La felicità dei parrocchiani
«Siamo davvero emozionate – hanno commentato due signore, fermandosi un momento davanti all’altare -. Tornare qui oggi è come ritrovare una parte di noi stesse». La chiesa si è riempita in pochi minuti, ma non c’era disordine. I fedeli si sono sistemati con compostezza, come se ogni passo fosse un gesto di rispetto verso quel luogo finalmente restituito alla comunità. Le panche, i marmi, persino l’odore del legno e dell’incenso sembravano raccontare una storia di attesa e di ritorno. Don Soliman, rivolgendosi ai presenti, ha spezzato la tensione con una domanda che è sembrata quasi un gioco: «Come vi sembra?». E la risposta è arrivata immediata, in un coro unanime che ha scaldato le navate: «Bella», è stato detto. E non poteva essere altrimenti. «Oggi non celebriamo solo la riapertura di un edificio. Celebriamo la rinascita di un luogo che è parte della nostra storia e della nostra comunità – ha proseguito Don Soliman -. Questo è un nuovo inizio, un simbolo di speranza per tutta Modena».
La celebrazione
Accanto alle sue parole, anche le autorità cittadine hanno voluto sottolineare l’importanza del momento. L’ex sindaco Gian Carlo Muzzarelli, ora consigliere regionale, ha preso la parola per ribadire quanto San Domenico rappresenti per Modena: «Custodire il nostro passato e tramandarlo alle generazioni future è il segno di una comunità viva e forte. Oggi celebriamo un pezzo della nostra storia che torna a splendere». E poi Francesca Maletti, assessore alle politiche sociali, ha sottolineato: «San Domenico non è solo un luogo fisico. È il luogo dove le persone si incontrano, dove trovano conforto e costruiscono relazioni. La sua riapertura è un regalo per tutta Modena».
Il legame con l’Accademia Militare
Non è mancato nemmeno l’intervento del generale di divisione Davide Scalabrin, comandante dell’Accademia Militare, che ha ribadito il legame speciale tra la chiesa e l’Esercito: «Il 20 dicembre celebreremo qui la messa di Natale. Questa chiesa, vicina al Palazzo Ducale, è sempre stata un riferimento per noi. E continuerà ad esserlo». La messa è poi proseguita. Il Padre Nostro recitato come un’unica voce, seguito dall’ultimo “Amen”, che ha sancito la chiusura della celebrazione.
Don Domenico Aquino, nel suo discorso finale, ha voluto ringraziare calorosamente tutti coloro che hanno contribuito a rendere possibile tutto ciò: «Questa chiesa è tornata a vivere grazie all’impegno e alla passione di tanti. È un segno tangibile di ciò che possiamo fare quando ci uniamo per il bene comune. San Domenico non è solo un edificio restaurato, ma un simbolo di rinascita». All’uscita, la folla si è attardata sul sagrato. Le strette di mano, i sorrisi e le parole scambiate tra fedeli testimoniavano la storia di una comunità, una comunità che finalmente, dopo anni di attesa, si è ritrovata.
Fonte: Gazzetta di Modena