di Beppe Boni

Israele sta applicando nella lotta alle milizie terroristiche palestinesi la dottrina Golda Meir, il primo ministro israeliano donna di ferro (nella foto), che dopo la strage alle Olimpiadi di Monaco del 1972 teorizzò che i nemici vanno colpiti ad ogni costo ovunque si trovino. Fu chiamata l’Operazione Collera di Dio. Ecco perché oggi Tel Aviv ha deciso di azzerare Hamas, Hezbollah, gli Houthi e soprattutto di uccidere i capi delle milizie mettendo in conto gli effetti collaterali che sono vittime civili, bambini compresi. Ma per fare questo non servono solo l’attività cyber, le bombe e i razzi, ma una complessa attività di intelligence basata sulle risorse umane più che sulla tecnologia.

Su questo fronte Tel Aviv ha impiegato tutte le proprie forze dopo la batosta del 7 ottobre, quando Hamas è penetrata oltre i confini di Israele da Gaza ha ucciso 1200 persone e catturato 200 ostaggi, in parte liberati, in parte uccisi e non si sa quanti ancora vivi e tenuti prigionieri nei bunker. Dunque la forza di Israele oggi è la Humint, Human intelligence, il concetto che si basa su infiltrazioni, agenti doppi, ‘acquisto’ di alleati, cimici per carpire i colloqui piazzate nei punti strategici, informatori coperti come tecnici e militari, dentro il cuore dell’Iran, di Hezbollah e Hamas. Per colpire, come è successo, i capi delle milizie certo servono sofisticati sistemi esplosivi, tipo quelli inseriti nei cercapersone, razzi che centrano il target con precisione chirurgica, ma anche uomini che sotto copertura e infiltrati segnalano a che ora e dove agire. E’ la forza del Mossad, che pure ha toppato clamorosamente il 7 ottobre.

L’impatto di Tel Aviv non è solo fatto di deterrenza militare ma anche di una straordinaria capacità di reclutare e infiltrare agenti nelle file del nemico. Ecco perché gli israeliani sanno dove agire, dove sono i nascondigli e i depositi di armi, le vie di fuga, i collegamenti, i movimenti del nemico. Hanno la mappa dove scatenare l’inferno. Israele conosce i punti deboli mischiando quindi la tecnologia, che da sola non basta, e l’astuzia delle risorse umane. Un mix che se bene applicato dovrebbe essere la base dell’efficienza di ogni servizio segreto. Dice Marco Mancini, ex capo del controspionaggio italiano, oggi analista e scrittore: “L’impasse del 7 ottobre del Mossad è dovuta in buona parte all’eccessiva fiducia nella sola attività di cyber intelligence. Da lì in poi gli israeliani sono tornati con maggiore intensità sulla strada delle infiltrazioni e delle analisi di prossimità. E infatti continuano a colpire in modo preciso i capi delle milizie”.

L’Iran è un mondo fanatico e impenetrabile, ma non per gli 007 del Mossad che sta sfruttando la dissidenza iraniana molto più forte di ciò che tentano di far credere gli ayatollah ed ha costruito una rete di informatori che ha penetrato anche la casta militare. Idem in Libano, Paese meno monolitico dell’Iran, dove gli agenti segreti hanno infiltrato profondamente Hezbollah. Si capisce così come Tel Aviv sia riuscita per esempio ad eliminare il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che stava partecipando a un incontro segreto in un bunker sotterraneo. Certo non lo hanno informato lo Spirito Santo né l’occhio spione di un drone. Idem per Ismail Haniyeh e Fuad Sukr, il primo dirigente di Hamas, il secondo responsabile militare di Hezbollah. Sono stati neutralizzati in rapida successione con uno strike perfetto: il palestinese di Gaza nel cuore di Teheran, massacrato da un’esplosione in un rifugio ritenuto impenetrabile, l’altro a Dahihe, Beirut sud, roccaforte del Partito di Dio. Ovvio che in entrambi i casi è stata attivata una rete di spie.

L’Iran del resto ha fatto sapere che nei mesi scorsi sono state individuate diverse ‘talpe’ ritenute al soldo di Israele. E tutte hanno fatto una brutta fine. I cacciatori di spie hanno alzato il livello di sicurezza. Il Mossad comunque da sempre è specializzato nel reclutamento di fonti umane attraverso le quali, per esempio, nel 2018 è riuscito ad impossessarsi dell’archivio atomico iraniano e sabotare molti siti. Si dice che in molti casi adesso i vertici di Teheran e dei proxy, cioè le milizie alleate, si affidino spesso a canali sicuri come i pizzini mafiosi o il passaparola piuttosto che a telefoni, mail o whatsapp. Ma la strategia del terrore diffusa dal Mossad è chiara. Nessuno dei leader sciiti si deve sentire al sicuro, l’operazione Collera di Dio va avanti.

Fonte: Quotidiano.net

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