Foto: lieutenant general Aviv Kochavi

Ha trasformato le idee dei filosofi francesi in piani di battaglia. Da Deleuze e Guattari, l’ex capo di stato maggiore trae lezioni per le tattiche da usare 

di Davide Frattini

All’accademia fondata da quello che gli studenti considerano «un Michel Foucault imbottito di steroidi», tra pelata e muscoli pompati dall’addestramento, Aviv Kochavi impara a teorizzare da filosofo assieme al gergo militare.

Già soldato di carriera, il futuro capo di stato maggiore (il ventiduesimo) ritorna tra i banchi mentre in cattedra c’è il generale Shimon Naveh: studia Gilles Deleuze e Félix Guattari, affronta i loro «Mille piani», impara a trasformare le teorie degli intellettuali francesi in piani di battaglia. Quelle intuizioni — gli riconoscono adesso gli analisti — sono state fondamentali per preparare le forze israeliane, che ha guidato per cinque anni fino al 2021, a questa guerra con Hezbollah. La Terza del Libano, come lo stesso Kochavi la chiamava e pronosticava nelle ultime interviste prima di lasciare l’ufficio al tredicesimo piano della Kirya, il quartier generale alla periferia di Tel Aviv.

L’«operazione Choc» messa in atto dall’aviazione con i bombardamenti del Libano viene delineata dall’ex generale — ha passato in uniforme oltre 40 dei suoi 60 anni — quando nel 2010 lo nominano direttore dell’intelligence militare: si rende conto che durante i 34 giorni di scontro con Hezbollah nell’estate di quattro anni prima i piloti dei jet esauriscono gli obiettivi già nella prima settimana, per il resto del conflitto si ritrovano a colpire armamenti e postazioni dei paramilitari esposti durante le battaglie. Così il primo ordine dato ai servizi segreti dell’esercito, portato avanti da comandante proprio del fronte nord, è di rimpinguare la banca dei bersagli: un lavoro che si intensifica nei periodi di Mabam, l’acronimo ebraico per la «guerra-tra-le-guerre».

Questi raid o gli attacchi di Hezbollah vengono monitorati metro per metro, tutto il Libano — non solo il Sud o la valle della Bekaa — mappato per individuare i futuri punti nevralgici da bersagliare. La parte «choc» la anticipa ai media israeliani prima di andarsene in pensione: «Attaccheremo con una forza mai vista», quella impressa in queste ore con migliaia di obiettivi colpiti e una quantità di bombe sganciate in breve tempo. Senza precedenti nella storia dell’aviazione israeliana.

Da Deleuze e Guattari, l’ufficiale trae anche lezioni per le tattiche da usare contro la guerriglia urbana fino alla «nomadologia» con i blitz via terra chiamati «salvaschermo»: le truppe entrano ed escono dal campo di battaglia senza che i miliziani possano individuare uno schema preciso, sbucano dall’angolo in alto, riemergono dal lato in basso allo stesso modo dei frattali che appaiono sugli schermi dei computer. È una delle ipotesi che Herzi Halevi, il successore di Kochavi, sta valutando per le possibili incursioni nel Sud del Libano.

Da Foucault una ridefinizione degli spazi in cui i militari si trovano a muoversi, del modo di concepire «le cose», gli oggetti di uso quotidiano: i cercapersone usati dagli operativi e dagli attivisti di Hezbollah che diventano armi contro di loro.

Da Guy Debord quanto «la società dello spettacolo» dia ormai forma anche alle battaglie, comprese le illusioni: così sarebbe stato lui a ideare la sceneggiata che nell’agosto di due anni fa ha rinviato il conflitto totale con l’Hezbollah libanese a questi tempi. L’organizzazione spara due missili contro una base israeliana, le televisioni trasmettono le immagini dei feriti, l’arrivo in elicottero all’ospedale più vicino. Tutto finto: le «vittime» sono dei manichini coperti di vernice rossa, il comunicato dei medici fa parte della disinformazione. L’obiettivo era far credere al commando di aver centrato il bersaglio, di aver compiuto la missione. Ed evitare che lo scontro sul confine andasse avanti.

Tutte «teorie letali» come le descrive l’architetto forense Eyal Weizman che da sinistra le critica in un saggio. Tutte teorie di cui il gruppo sciita è l’autore: la mina e l’esplosivo scovati dallo Shin Bet israeliano poche settimane fa a Tel Aviv sarebbero dovuti servire, secondo l’emittente Al Arabiya, a uccidere Kochavi.

Fonte: Corriere della Sera

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