di Antonio Bettelli*
Dal clamore creato dalla pubblicazione del libro “Il mondo al contrario”, è necessario ora riprendersi e recuperare il vero “buon senso”, ed è importante non avere dubbi sulla effettiva rappresentatività nel mondo militare delle affermazioni pseudo profetiche di cui l’autore dell’opera si è fatto ideologo col suo scritto.
L’ecologismo pragmatico che inneggia al potere del primate bianco sulla natura, il dominio di una specie umana sulle altre per il mantenimento dell’ordine nelle società multietniche o il riconoscimento dell’italianità nel modello caucasico e non nei tratti di Paola Egonu non sono espressioni di buon senso cui guardare. Esse non rappresentano il buon senso da trasmettere ai nostri figli, non si riconducono in alcun modo al buon senso che anima l’operato dei servitori dello Stato. Non si tratta, molto semplicemente, di buon senso.
Né vorrei che gli italiani, testimoni, loro malgrado, della bagarre mediatica agostana sulle esternazioni presentate da “Il mondo al contrario”, le cui motivazioni e finalità ancora sfuggono alla mia comprensione, pensassero che tutti i militari italiani vedano i fenomeni socioeconomici e politici del pianeta e del nostro Paese come li vede l’autore del libro.
Seguo alcune chat di colleghi appartenenti a diversi gruppi nati nel tempo per le mie passate esperienze di servizio e noto come le opinioni si dividano. Come spesso accade nei contesti esclusivamente maschili nei quali tenda a prevalere la cultura dell’uomo forte (di una forza solo virtuale), nelle mie “chat militari” il banco (che è espressione della minoranza vociante e talvolta urlante) lo tengono in prevalenza i pareri solidali con le dichiarazioni letterarie di Vannacci, cui si accompagnano affermazioni della medesima specie inneggianti al ruolo del maschio Alfa e tesi piuttosto scomposte sugli orientamenti sessuali. Non mancano gli attacchi alla sinistra politica o agli ambienti dell’ecologismo ideologico (come lo difinisce Vannacci) dei quali alcuni personaggi noti divengono le vittime predilette: Boldrini, Schlein, Thunberg ecc..
Non parliamo delle opinioni sul fenomeno immigratorio, dove gli unici apprezzamenti positivi sul fenotipo maschio africano riguardano le dimensioni del “batacchio” (sempre per usare il lessico di Vannacci).
È uno scenario deprimente, dal quale nessuno tuttavia deve farsi ingannare. A parlare sono i soliti pochi ben conosciuti, quelli che nelle attività collettive dell’Accademia, per me più di quarant’anni fa, durante gli spostamenti a bordo di accaldati autobus militari, sedendo nelle file più arretrate di poltrone, dispensavano cantilene pseudo goliardiche a scherno di alcuni colleghi che venivano prescelti, come Boldrini, Schlein e Thunberg, quali bersagli delle loro stupide esternazioni gergali.
L’aberrante affermazione ideologica della diseguaglianza tra gli esseri umani si serve degli stupidi. Una linea sottile divide il proclama, in qualche caso raffinato, e la sua diffusione, spesso affidata alla tracotanza degli stolti. Il binomio tra autore e cantore trova ancora più forza nella silenziosità della maggioranza, restia a prendere posizione proprio perché animata da vero buon senso, cioè da equilibrio che induce alla tolleranza e a evitare lo scontro con il forzuto verboso.
I mezzi della comunicazione sociale oggi non si limitano più all’etere di un ambiente circoscritto allo spazio di un autobus e non si esprimono unicamente con le parole pronunciate vocalmente, ma invadono lo spazio globale della comunicazione “social”, che è di tutti e che arriva ovunque, che si avvale di parole scritte, spesso di immagini usate come caleidoscopio retorico del messaggio. Accade allora che i più, come detto appartenenti alla maggioritaria espressione del vero buon senso comunitario, rinuncino a prendere posizione, comprendendo che una frase di dissenso lanciata in una chat o su una piattaforma di comunicazione internet potrebbe infrangersi contro il nerboruto di turno ed essere mal interpretata, strumentalizzata, usata contro qualcuno. Non è pavidità o indifferenza, è solo buon senso.
Con questo vorrei riaffermare un punto fermo che ho già dichiarato in un precedente articolo e che molti colleghi, tanti ancora in servizio, hanno dimostrato di condividere manifestandomi “in privato” il loro pensiero concorde. I principi fondamentali della Costituzione Repubblicana richiamano il valore della pari dignità sociale e l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, senza distinzione alcuna di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali (Art. 3). La Repubblica tutela le minoranze linguistiche (Art.6), separa la sovranità e l’indipendenza dello Stato e della Chiesa Cattolica (Art. 7), afferma la libertà delle confessioni religiose davanti alla legge (Art. 8), tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni (Art. 9), inquadra la condizione giuridica dello straniero nella regola stabilita dalla legge, in conformità delle norme e dei trattati internazionali (Art. 10), ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali (Art. 11).
Non che gli italiani non conoscano questi principi, né voglio entrare in giudizi formali che non mi spettano sulle opinioni di Vannacci. Qualcun altro, con dovere e con competenza, valuterà l’effettiva liceità o illiceità dello scritto secondo la legge e i regolamenti.
Voglio solo sottolineare, con il breve memorandum dedicato ai nostri principi costituzionali, che per me quello è il vero buon senso e che quel compendio di valori – semplice, breve ma acuto, scritto nell’immediatezza della tragedia bellica più spaventosa dell’umanità, quando la civiltà del nostro popolo era stata fatta a pezzi dalla protervia umana – rappresenta ciò di cui un servitore dello Stato deve farsi non solo promotore, educatore, pedagogo e diffusore, ma soprattutto modello con le parole, con le azioni, con l’esempio. Non è solo una norma principe del nostro ordinamento giuridico, è qualcosa di ancora più alto, è un obbligo morale, è una professione di fede deontologica, è un assioma etico, è la distinzione intima e personale, ma anche pubblica e collettiva, tra bene e male, è la luce del faro, è l’azimut del nord secondo cui orientarsi, è la stella polare di ciascuno di noi.
Se foste disorientati dal clamore di questi giorni e colti dall’incertezza riguardo al significato di “buon senso”, non fatevi distrarre dai proclami più o meno ideologici di qualcuno, ma leggete i principi della nostra Costituzione.
Fatelo, con maggiore urgenza, se aveste scelto di servire, per di più “in armi”, la Repubblica Italiana.
*generale di corpo d’armata (ris)
Ribadisco e confermo: grazie generale. A Feltre 40 anni fa ho fatto il servizio militare nel corpo degli Alpini sotto il comando di un tenente che ricordo per serietà, professionalità, profonda umanità e simpatia. Vedo con immenso piacere che questo ricordo non è destinato assolutamente a sbiadire, anzi. Come ho detto grazie allora a quel tenente dico grazie oggi al generale.
Caro Marco, grazie dell’apprezzamento e del tuo ricordo di anni belli, come spesso sono gli anni della giovinezza. Un caro saluto. Antonio
Da un collega pari grado uscito dal servizio attivo nel 2000, il pieno apprezzamento per i due commenti sulla visione del mondo attuale da parte del Vannacci, sia in fatto di contenuti e sia quanto a esposizione chiara, dettagliata e incontrovertibile (almeno per chi ha vissuto la vita militare come ho cercato di fare, con l’occhio della mente puntato sempre sull’Istituzione e sulla Bandiera).
Unisco anche lo stesso apprezzamento da parte di mia moglie, che ha fatto lo stesso nel suo àmbito lavorativo, la scuola pubblica
Generale Santillo, le sue parole mi fanno immensamente piacere. Riceverle da chi ha percorso un pezzo di strada più lungo del mio, non da meno militarmente, in anni peraltro molto difficili per le nostre Istituzioni (sembra che già ci siamo dimenticati dei difficilissimi anni ’60 e ’70, quando lo Stato era sotto pressione per le attività terroristiche di matrice politica), mi onora. La ringrazio di cuore per l’attenzione che ha voluto riservare al mio articolo. Le auguro il meglio. Antonio Bettelli
Gentile Marco Ollari, non ci conosciamo ma, da Alpino, mi permetto di darti del tu. La descrizione e le qualità umane che hai elencato del tuo comandante a Feltre, non possono non emozionarmi e vorrei dirti che coincidono perfettamente con quelle del mio Comandante della 66ma Cp. Vorrei sommessamente aggiungere il grande senso dell’Onore che trasmetteva in maniera palpabile con un formidabile mezzo :L’esempio. A me ha insegnato molto e lo porto sempre con me. Mi scuso per l’intrusione e saluto cordialmente. GRAZIE GENERALE!!!
Caro Andrea, grazie per le tue parole. Un piacere ritrovarti dopo tanti anni, sempre attestati sui principi che ci animavano allora. Eri un bravissimo graduato e sono certo che sei oggi una bravissima persona e un grande professionista. A presto. EL CAMORS!