di Antonio Bettelli*
Il libro di Roberto Vannacci, ufficiale generale dell’Esercito in servizio attivo, di cui tanto si parla in queste ore, cavalca il filone ideologico della destra estrema per antonomasia, cioè il tema della diseguaglianza tra gli esseri umani.
E lo fa oltretutto in modo irriverente rispetto a canoni di moderazione che dovrebbero sempre contraddistinguere l’operato di un uomo al comando, responsabile dunque, con le sue manifestazioni, fossero queste ultime anche solo verbali, di altri esseri umani a lui sottoposti secondo l’ordine stabilito dalla gerarchia.
Una gerarchia che in casi eccezionali, e per espressa volontà del Parlamento, può divenire illiberale nei suoi rapporti interni e verso l’esterno, dotandosi in condizione estreme di poteri straordinari (lo stato di guerra ne è l’espressione più emblematica).
Per un militare, la responsabilità dell’agire si estende non solo ai propri subordinati, ma anche al nemico, cioè alla vita di altri esseri umani a danno dei quali è legittimo, a stabilite condizioni, fare uso della forza per neutralizzare, sopprimere, uccidere.
È una responsabilità estrema, il cui esercizio richiede eccezionali qualità, di conoscenza tecnica ma soprattutto di coscienza civile e un compendio di doti morali e umane di altissimo valore.
Ciò è vero, ancor più, quando l’ipotetico e possibile uso della forza, seppur legittima, si inquadri nell’ordine di uno Stato repubblicano e democratico che per proprio principio ripudia la guerra e con essa l’uso della forza militare come strumento per la risoluzione delle controversie internazionali. Mai se ne potrebbe ammettere l’adozione per regolare le presunte diseguaglianze naturali e sociali tra i cittadini. Un atto che sarebbe il più grave dei delitti.
Democrazia è tendenza all’eguaglianza, non sua negazione. Eguaglianza con il contrappeso della libertà, ben consapevoli che un eccesso dell’una va prima o poi a discapito dell’altra, e viceversa.
La temperanza per l’equilibrio è quindi l’arma migliore della democrazia; una forma di moderazione intesa come costante ricerca e mantenimento, attraverso la dialettica politica e per mezzo dell’esercizio dei corpi istituzionali di un delicato punto di equilibrio tra le qualità democratiche.
Ritengo che tutti i servitori dello Stato dovrebbero attenersi a questa regola, oltretutto esplicitata in molti passaggi dei regolamenti militari di disciplina, laddove si parli di norme di tratto e di contegno o dove si richiami il dovere della comunicazione in tutti quei casi in cui le esternazioni e le azioni di un militare afferiscano direttamente o indirettamente il proprio ruolo istituzionale e i doveri e le responsabilità dell’organizzazione cui appartiene.
Non voglio entrare nel commento puntuale delle esternazioni pubblicate dall’autore sul libro e che sono state anticipate dalla stampa e dai media (farlo corrisponderebbe a dar loro vigore), ma mi limito qui a sottolineare il paradosso implicito delle affermazioni di chi, servendo lo Stato (da cui peraltro ricava una solida sicurezza sociale ed economica), violi l’ordine moderato della democrazia, assumendo un atteggiamento estremista e di fatto sovversivo dei principi di uguaglianza, di accoglienza e di solidarietà che sono scritti a chiare lettere nella nostra Costituzione.
Ciò che ancor più mi sorprende, e lo dico con profondo rammarico, è il senso di serpeggiante solidarietà verso le esternazioni di Vannacci che ho raccolto su alcune chat dove colleghi, gran parte dei quali non più in sevizio attivo, militano con le loro opinioni (il più delle volte dedicate al calcio). Così come mi sorprende il primato di vendite del libro sulla principale piattaforma di e-commerce, a denotare non tanto un malessere, che stento a riconoscere se paragonato alla grave miseria sociale di cui i miei genitori e i miei nonni hanno sofferto tra le guerre mondiali del secolo scorso, quanto una superficialità aberrante rispetto ai valori dell’armonia e della bellezza. Valori che possono unicamente scaturire dal dialogo, dal confronto, dal rispetto reciproco e dalla simmetria anche antitetica delle opinioni.
Evidentemente siamo già immemori di quanto accaduto alle nostre società civili nel secolo scorso per voler decantare con così tanta enfasi propagandistica e per sostenere le qualità di un ordine che ammetta l’esistenza di esseri umani di serie A e di altri di serie B o Z.
Settanta milioni di morti, tra civili e militari, furono gli effetti dell’odio tra gli uomini, senza citare la scia di distruzioni senza precedenti nella storia dell’umanità. In quel frangente così tragico, la causa principale dell’incontrollato precipitare degli eventi fu il sovvertimento di un ordine assolutistico rappresentato prima dalle monarchie e poi dalle dittature, i cui presupposti filosofici e di pensiero si radicavano, a fattor comune, nella concezione della diseguaglianza tra le classi e tra le razze. QUELLO ERA IL MONDO AL CONTRARIO!
I proclami alla diseguaglianza di Vannacci sono in realtà essi stessi una vera contrarietà rispetto all’ordine naturale della vita, che è dono per tutti e verso il quale correrebbe un obbligo di riconoscenza, ancor più per chi abbia l’onore di servire lo Stato.
In ultimo, proprio per amore di libertà delle opinioni, fossero queste anche le più estreme, non ravvedo impedimento affinché Vannacci, al pari di chiunque altro, esterni il suo pensiero. A mio avviso avrebbe dovuto farlo, tuttavia, facendo prima un passo indietro, togliendosi l’uniforme e confondendosi tra le opinioni della gente comune!
* Il generale di corpo d’armata (ris) Antonio Bettelli, modenese, 61 anni, capocorso del 163° corso “Lealtà” dell’Accademia militare (1981-1983), è pilota di elicottero. Già comandante dell’Aviazione dell’Esercito, ha una vasta esperienza professionale maturata in incarichi sia in Italia, come comandante del battaglione alpini paracadutisti “Monte Cervino”, del 66° reggimento fanteria aeromobile “Trieste” e della Brigata aeromobile “Friuli”, sia all’estero, quale rappresentante dell’Esercito italiano presso l’Army Aviation Center di Fort Rucker in Alabama (Usa) – frequentando l’Air assault course presso la 101^ Airborne Division di Fort Campbel nel Kentucky (Usa) – ufficiale pianificatore/collegamento per l’operazione Enduring Freedom al Coalition coordination center Centcom di Tampa in Florida (Usa), chief of staff dell’Italian joint task force Iraq a Nassiriya, addetto per la Difesa a Beirut, comandante del settore ovest di Unifil nel sud del Libano e deputy chief of staff support del quartier generale della missione Resolute Support in Afghanistan. È stato anche Italian senior national representative presso il Joint Force Command di Brunssum (Paesi Bassi) e vice comandante delle forze operative terrestri di supporto a Verona. Ha lasciato il servizio attivo il 31 dicembre 2022.
Nella foto: l’ambasciatore d’Italia a Mosca, Pasquale Terracciano, e l’addetto per la Difesa, generale di divisione Roberto Vannacci, hanno ricevuto dall’Associazione “International Womens Union” una preziosa icona, realizzata a mano da maestri russi, raffigurante i santi Cirillo e Metodio, che sarà custodita nel Sacrario Militare di Redipuglia. (Fonte:giornalediplomatico.it)
Parla giusto perché in pensione.
Massimo, buon pomeriggio, le rispondo. Ho parlato, pubblicamente, proprio perché, come dice Lei, sono in pensione, dopo 42 anni di servizio. In passato, ho espresso le mie opinioni, anche quando non concordi con il parere del mio superiore, ma sempre nei limiti del rapporto gerarchico, assumendomene la responsabilità e rispondendone personalmente. Grazie per la lettura dell’articolo e per il suo commento. Buon lavoro. Antonio Bettelli
Grazie Generale.
I suoi scritti, di cui sono venuto a conoscenza, per estratti, dalla stampa, mi hanno profondamente commosso e rincuorato , in questi giorni di preoccupazione per la pavidità e l’ opportunismo di molti , di troppi.
Ma la Repubblica terrá “botta” (come diciamo noi romagnoli.
Generale, solo una parola. Grazie.
Grazie generale. A Feltre più di 40 anni fa ho fatto il servizio militare nel corpo degli Alpini sotto il comando di un tenente che ricordo per serietà, professionalità, profonda umanità e simpatia. Vedo con immenso piacere che questo ricordo non è destinato assolutamente a sbiadire, anzi. Come ho detto grazie allora a quel tenente dico grazie oggi al generale.