Pubblichiamo il testo del tema scritto da Nazifa e letto il 13 settembre 2022 dalla professoressa Anacleta Coatti, insegnante di italiano della 5^ As, la sua classe, in occasione della consegna del diploma di maturità alla memoria nell’aula magna del Liceo ” G.Ricci Curbastro” di Lugo. “Nemmeno un adulto, dopo anni di analisi e di introspezione – ha commentato la professoressa Agostina Latino, docente di Diritto delle migrazioni all’Università di Camerino – riesce ad avere questo sguardo così lucido. Un’onestà intellettuale e una consapevolezza che raramente un essere umano raggiunge. A vent’anni poi, ha dell’incredibile. Che onore averla conosciuta”.
Nella foto: Nazifa davanti al Liceo
Sala d’attesa
Sin dall’istante in cui nasciamo ciascuno di noi vive il tempo e il suo trascorrere in base alle percezioni che si hanno di esso: da bambini il passare del tempo è qualcosa che non riusciamo a inquadrare bene, i nostri ritmi sono dettati da altri, crescendo pensiamo di avere gli strumenti per governare a nostro piacimento il tempo che abbiamo a disposizione. Secondo Seneca gli uomini non sono consapevoli di quanto sia prezioso il tempo e di come sia necessario vivere appieno ogni secondo, quindi anche una vita breve risulterebbe lunga se vissuta appieno; sprechiamo il tempo a lamentarci di quanto sia breve e non ci accorgiamo che così ci sta sfuggendo di mano. Cerchiamo sempre altre distrazioni per occupare i momenti di noia e creiamo nuovi strumenti che siano efficienti e facciano il lavoro al posto nostro, regalandoci dell’altro tempo; entriamo così in un ciclo dove risparmiamo tempo per restituirlo alle macchine. Ottenuto altro tempo cerchiamo di impiegarlo in un modo efficiente perché altrimenti ci sembrerebbe di sprecarlo, creando talvolta dei ritmi di vita frenetici dove cerchiamo di riempire ogni secondo, dove abbiamo paura dell’idea di doverci fermare, perché se ci fermiamo vuol dire che stiamo sprecando tempo, tempo che non ci verrà ridato indietro. La cultura occidentale presenta una concezione lineare del tempo, rappresentata da una freccia tesa verso il futuro, da ciò nasce l’idea di progresso ed efficienza, la non produttività viene vista come qualcosa appartenente a un paese del terzo mondo, dove secondo una visione occidentale non c’è produzione, non c’è organizzazione, quella linearità. In una società basata sull’efficienza non c’è spazio per chi non riesce a seguire questi ritmi, una donna si trova a scegliere fra la carriera o l’essere madre perché se sceglie di essere madre perde tempo da dedicare al lavoro, non può avere entrambi; se sei malato, anziano o disabile non sei sicuramente più efficiente, ti senti prigioniero del tempo e allo stesso momento ti senti anche in debito perché usufruisci della società senza produrre. Basta una piccola deviazione o imprevisto per distruggere ogni nostra sicurezza riguardo al futuro e al buon uso del tempo; diamo per scontato che i nostri progetti futuri prima o poi troveranno il modo di realizzarsi, siamo talmente sicuri di noi che possiamo programmare perfino anni rispetto al presente, mettendo in conto qualche possibile cambiamento, ma nulla che differisca troppo da quei progetti. Quello che non mettiamo in conto è che può succedere anche la cosa che meno crediamo possibile, qualcosa che stravolge completamente i nostri piani, qualcosa che cambia completamente la nostra percezione del tempo, della vita e del concetto di efficienza. Secondo Seneca non ha senso dipendere dai progetti futuri senza aver prima vissuto appieno il momento presente, proiettarsi verso il futuro senza pensare al ‘’qui ed ora’’, lo sguardo teso sempre in avanti ci allontana dal presente che ci scivola dalle mani. È facile parlare quando si crede di avere già la risposta a tutto, verrebbe quasi voglia di chiedere a chiunque dica di vivere appieno ogni attimo, se sappia cosa voglia dire, a causa di una malattia, sentirsi prigionieri del tempo, incatenati e immobili; pregare per avere più tempo ma esserne comunque succube. Cambiare prospettiva ci permette di capire cosa voglia dire essere costretti a fermarsi mentre tutti gli altri possono proseguire, in una società dove tutto il resto continua a produrre e tu, malato, sei improvvisamente messo in pausa, puoi solo essere spettatore, vivere attraverso i ricordi e le vite degli altri. La vita presente diventa l’attesa di una vita futura, non sembra nemmeno di star vivendo, sembra una sala d’attesa piena di incertezze, solo che sei l’unico ad aspettare. La vita della persona inizia ad avere lo stesso valore che ha il suo tempo, per un malato, anziano o disabile cambia il tempo che è in grado di mettere a disposizione verso gli altri e verso la società, al contrario saranno loro a doverne dedicare di più nei suoi confronti, si trova improvvisamente a non essere più produttivo in una società dove sei qualcuno solo se arrivi primo, se eccelli e se continui sempre a correre più veloce del tempo, se sei all’avanguardia, se riesci a prevedere la prossima moda; nessuno è abituato più a fermarsi. Si rischia di non incontrarsi più, di illudersi di star vivendo appieno, di non star sprecando nemmeno un secondo solo perché siamo riusciti ad occupare ogni attimo della giornata, abbiamo occupato ogni momento vuoto per paura di doverci fermare a pensare, di dover porre lo sguardo verso noi stessi, le nostre scelte ed il futuro, se non mi fermo non devo nemmeno pensare.
Nazifa Noor Ahmad 5^As