In occasione del 30° anniversario dello scioglimento del 37° battaglione meccanizzato “Ravenna”, che ebbe luogo nella caserma Mameli di Bologna il 12 febbraio 1991, pubblichiamo il ricordo del generale di corpo d’armata (ris) Luigi Chiavarelli, 55° ed ultimo comandante.

Giornata indimenticabile quel 12 febbraio di 30 anni fa. Tanta acqua sotto i ponti è passata da quel giorno ma il ricordo è ancora vivo e, purtroppo, doloroso.

Il tempo ci mise la sua. Freddo glaciale e nevischio irrigidirono ancora di più i nostri cuori contratti dal triste evento. Nonostante il gelo tanta gente volle esserci vicino. Una delle più antiche unità del nostro Esercito chiudeva il suo ciclo operativo dopo 132 anni di valore, di sangue, di sacrificio. Io, ultimo Comandante, ero raggelato nel corpo e nell’anima.

Nonostante il ghiaccio che rendeva precari i movimenti, i Fanti del 37° furono perfetti. Tutta la cerimonia si svolse senza sbavature in un silenzio surreale graffiato solo, a tratti, dagli ordini secchi dei Comandanti e dall’unisono sbattere degli scarponi. Feci un discorso in cui ricordai la storia, i caduti, la gloria e soprattutto i fatti di Russia, gli eroismi sfortunati dei Fanti della Ravenna nella steppa gelata e i tanti che mai più tornarono.

Chiamai a me la Bandiera di guerra che per l’ultima volta sventolò davanti ad un reparto in armi, il suo reparto, il 37°. Nel silenzio più assoluto, i Fanti rigidi e coperti di neve, immobili in un perfetto presentat-arm, avvolsi il drappo attorno all’asta, poi un fodero ingoiò lo stendardo. Mentre i quattro del gruppo bandiera si allontanavano per poi sparire nel nevischio, lo giuro, sentii vivissima la presenza dei caduti di Russia, fermi, pallidi, irrigiditi sull’attenti, lo sguardo fiero sulla loro bandiera, sul loro passato, sulla loro giovinezza spezzata.

Tra i primi, i volti sereni di Fiorino, di Fasil e di Vescovo, le tre medaglie d’oro. E dietro di loro, più sfocate, migliaia di divise insanguinate. Erano i Fanti della Somalia, della Bainsizza e del Grappa, quelli della Libia, di Massaua , di Dogali e di Borgoforte, quelli di cento battaglie vinte e perse nel nome d’Italia.

Oggi, dopo 76 anni di pace, quelle gesta, quei sacrifici, quei caduti, ci sembrano appartenere ad un altro mondo, un mondo lontano che non ci appartiene. Sono invece sangue del nostro sangue e ci gridano: “non dimenticateci, vivete in pace, solo così sapremo di non essere morti invano”.

Meminisse juvabit

di Carmelo Abisso

Per i veterani del 37° “Ravenna” le foto a corredo del toccante ricordo del generale Chiavarelli sono senz’altro No caption needed, come direbbe Robert Hariman, non hanno bisogno di didascalia. Al direttore di Perseo News, però, corre l’obbligo di scrivere queste brevi note esplicative per chiarire, sopratutto ai più giovani, da dove veniamo e dove siamo andati. Nella prima foto, quella della corona ai Caduti, il comandante del picchetto d’onore era il tenente Marco Buscaroli. Nella seconda e terza foto, le autorità della rassegna erano il generale di corpo d’armata Pietro Egidio Re, comandante della Regione militare tosco-emiliana e il generale di brigata Ezio Piperni, comandante della “Trieste”, che quattro mesi dopo sarebbe diventato il primo comandante della Brigata meccanizzata “Friuli”, unendo le due grandi unità nella sede di Bologna. Nella quarta foto, il comandante, tenente colonnello Luigi Chiavarelli, con la bandiera di guerra al suo fianco, pronunciava il discorso di commiato. L’alfiere era il tenente Leonardo Sarti. In secondo piano in tribuna, al centro, in borghese col basco nero e la medaglia d’argento al valor militare, il generale Aldo De Carlini, tenente comandante della 11^ compagnia del 37° reggimento “Ravenna sul fronte russo del Don-Donetz nel 1942-43, già comandante a quattro stelle delle Forze terrestri alleate del sud Europa (Ftase) a Verona. Dietro di lui, a poca distanza, come Forrest Gump, anche questa volta c’ero anch’io, non potevo mancare. Dopo aver servito per oltre sei anni nel 37° (1983-89) e aver frequentato il primo anno della Scuola di guerra ero stato assegnato all’Accademia militare di Modena con l’incarico di capo sezione stampa, sostituendo il collega Gianni Bernardi. Avevo le lacrime agli occhi, il freddo e il nevischio davano i brividi, il cuore di ghiaccio. Nell’ultima foto, il capitano Alfredo Bracale aiutava il comandante a infoderare la bandiera di guerra. Si concludeva un ciclo operativo virtuoso. Ma la diaspora fu limitata. Dopo sette anni, nel 1998, con alcuni di quei veterani ci ritrovammo con il nostro comandante, il generale di brigata Luigi Chiavarelli, a costituire la spina dorsale della nascente Brigata aeromobile “Friuli”. Ecco perchè, citando Virgilio (Eneide, I, 203) Meminisse juvabit, ricordare gioverà. La memoria come scrigno per conservare le cose preziose del passato.

 

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