di Gianni Vernetti
Il generale Mazloum Abdi Kobane (nella foto), 53 anni, curdo, è la più alta autorità politica e militare delle Forze Democratiche Siriane, l’alleanza delle forze curde, arabe, assiro-siriache, che insieme alle forze armate della Coalizione Internazionale hanno sconfitto Isis e liberato quella vasta area della Siria a nord del fiume Eufrate, nota come Rojava. In questa intervista esclusiva per Repubblica ci racconta la sua sfida politica e militare in Siria e la sua visione sul futuro del Medio Oriente.
I curdi e le Forze Democratiche Siriane hanno avuto un ruolo fondamentale nella sconfitta di Isis in Siria. Quali sfide state affrontando e qual è la situazione sul terreno? «Abbiamo sconfitto l’Isis e il cosiddetto Stato islamico non esiste più. Ma ciò non significa che la minaccia dell’Isis sia completamente scomparsa. L’Isis ha cambiato strategia, ma non ha esaurito le proprie capacità di raccolta fondi e continua a reclutare e ad addestrare molti militanti. Insieme alle forze della Coalizione Internazionale siamo in grado oggi di mantenere un buon livello di sicurezza, ma dobbiamo tenere alta la pressione per evitare che si ripresenti la minaccia jihadista».
La Turchia di Erdogan ha assunto una posizione sempre più assertiva su molte aree di crisi. Qual è la sua opinione sull’azione turca nel Rojava? «L’esercito turco ha occupato una parte rilevante delle aree curde nel Nord della Siria: l’enclave di Afrin, le città di Serekani e Girêsipi. In queste aree è in corso una pulizia etnica con un costante attacco nei confronti delle autorità locali e contro la popolazione civile. Quasi mezzo milione di civili curdi sono stati costretti a fuggire per vivere oggi in campi profughi nelle aree liberate del Rojava o nel Kurdistan iracheno. La Turchia sta poi trasformando le aree sotto il loro controllo in un rifugio sicuro per diversi gruppi jihadisti, da loro finanziati e armati: si tratta di ex militanti di Isis, Al Nusra e Al Qaeda utilizzati contro le nostre forze nel Nord della Siria, ma anche come forze mercenarie in altri conflitti».
Si riferisce alle forze mercenarie inviate dalla Turchia in Libia in sostegno del Governo di Accordo Nazionale di Tripoli? «Sì, l’esercito e l’intelligence turca hanno da tempo promosso un’intensa attività di reclutamento con l’invio di diverse migliaia di mercenari in Libia provenienti dalla Siria. La novità di queste settimane è però rappresentata dall’invio di nuovi mercenari anche in Azerbaijan».
Può confermare che, con la regia della Turchia, è in corso un operazione per inviare mercenari a combattere contro le forze armene in Nagorno-Karabakh? «Assolutamente sì. Abbiamo documentato, nelle aree occupate dalla Turchia in Siria, molti casi di addestramento di jihadisti, inviati in Azerbaijan per sostenere le forze di Baku contro l’Armenia. Stiamo condividendo queste informazioni con le forze della Coalizione Internazionale».
Ci può raccontare quale sia oggi in ruolo della Russia nel teatro siriano? «Le forze russe sono giunte nelle aree curde in seguito all’accordo di Sochi fra Putin ed Erdogan dell’ottobre 2019. In base a questo accordo le forze russe sono state dispiegate lungo il confine turco-siriano con una funzione di interposizione fra noi (Sdf) e l’Esercito di Ankara. Credo che il ruolo più importante della Russia in Siria possa essere quello esercitare una forte pressione nei confronti del regime di Assad affinché si giunga ad un’accordo di pace e di stabilizzazione per tutta la Siria. Purtroppo il regime di Damasco con il sostegno dell’Iran e dei suoi proxies (Hezbollah, ndr .) continua ad alimentare le tensioni in molte aree della Siria, incluse quelle curde».
I curdi e le Forze Democratiche Siriane (SDF) sono stati l’alleato più affidabile dell’Occidente nel contrasto al jihadismo. Che cosa si aspetta ora da Europa e Usa? «Prima di tutto voglio ringraziare ancora una volta l’Europa, gli Usa e la Coalizione Internazionale per il sostegno che ci hanno fornito prima a Kobane e poi in tutto il Rojava. Abbiamo sconfitto l’Isis e liberato ampie aree del Nord della Siria, ora dobbiamo difendere le conquiste ottenute. Quando un anno fa la Turchia ha invaso il Rojava siamo stati lasciati soli a fronteggiate questa nuova minaccia. Credo che Europa e Usa abbiamo le risorse e il potere politico per svolgere un ruolo più incisivo in Siria. Non è il momento per un disimpegno dell’Occidente. Bisogna ridurre le influenze esterne negative, a cominciare dalla Turchia, per poi trovare un accordo politico complessivo che garantisca la piena stabilizzazione del paese».
Ci racconti del ruolo politico e militare delle donne curde. «All’interno della nostra strutture militare abbiamo una componente (YPJ) formata esclusivamente da donne. Le donne hanno un ruolo molto attivo non solo nel nostro esercito, ma anche nelle politica curda, Le Forze Democratiche Siriane hanno a tutti i livelli un doppio portavoce (uomo e donna). Crediamo che questo sia un buon esempio per la futura Siria che vogliamo costruire: democratica, tollerante, multietnica e multiconfessionale».
Che cosa pensa degli Accordi di Abramo siglati fra Emirati, Bahrein e Israele? «Noi crediamo che il dialogo, e non la guerra permanente, sia l’unico modo per risolvere i conflitti politici. Crediamo che la normalizzazione delle relazioni fra Israele e diversi Stati arabi possa essere primo passo per garantire un futuro migliore per tutto il Medio Oriente».
Fonte: la Repubblica
Foto: AFP