“Bisogna controllare quello che avviene nella caserme, ma monitorare anche il tenore di vita dei carabinieri. Verificare quello che postano sui loro profili social. E proteggere chi decide di denunciare“. Così in un’intervista al Corriere della Sera il procuratore generale militare presso la Corte d’Appello di Roma Marco De Paolis (nella foto). “Non è un sistema” di impunità, “chi lo dice vuole danneggiare l’istituzione. Ma commette un errore grave chi parla di mele marce. Sono gruppi di delinquenti che fuori controllo – spiega – diventano un vero e proprio focolaio capace di infettare l’intera caserma. Per questo dico che bisogna controllare e isolare. L’Arma è un pilastro dello Stato, deve essere protetta”.

“Dobbiamo ripartire dalla formazione e dall’etica. I principi fondanti sono la lealtà, l’onestà e la fiducia. Basti pensare che per i militari la codardia è un reato. Al momento – sottolinea – la segnalazione di illeciti compiuti da altri militari viene ritenuta contraria all’etica, anche perché si danneggia l’immagine del reparto. Dunque bisogna tutelare chi decide di denunciare”. Le procure militari, spiega, “sono piene di anonimi che poi spesso si rivelano fondati. È arrivato il momento di prevedere, almeno per un certo periodo di tempo, il whistleblowing anche per le forze dell’ordine, garantendo loro la protezione se decidono di denunciare casi di corruzione altri reati. Bisogna tutelare le persone che segnalano le disfunzioni altrimenti le perdiamo“.

“L’arresto non vale nulla se non viene convalidato. Cambiare questo modo di calcolare la produttività – sottolinea ancora De Paolis – sarebbe fondamentale. Capisco che bisogna tutelare l’immagine dell’Arma, ma il risultato non si ottiene se non facciamo pulizia all’interno”. I gravissimi fatti della caserma Levante possono convincere i vertici dell’Arma a voltare davvero pagina? “Non farlo – dice – sarebbe un errore gravissimo. Un colpo letale per l’istituzione”.

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