di Fiammetta Martegani
Le spiagge di Tel Aviv sono piene. Le strade di Gerusalemme trafficate. Il lockdown in Israele sembra essere solo un ricordo. Ma presto il Paese potrebbe ritrovarsi a fare di nuovo i conti con regole, restrizioni e zone rosse. Ieri i contagi hanno fatto registrare il dato più alto dall’inizio dell’epidemia: 859 casi in più in sole 24 ore, che portano il totale a quota 24.547. I decessi restano invariati: 320. Ma la paura cresce parallelamente alla tensione negli ospedali.
Per adesso, il sistema sanitario israeliano, trai più efficienti del mondo, tiene perfettamente. Ma non è escluso che a breve il governo imponga nuove chiusure per evitare che la situazione precipiti. Si parla di blocchi a Tel Aviv (che per la sua vitalità è particolarmente esposta al contagio), a Gerusalemme (occhi puntati sui quartieri ultraortodossi, come Mea Shearim, da dove sono partiti i primi focolai), e ad Ashdod, nel sud del Paese (150 positivi rilevati domenica).
Nei giorni scorsi, conferendo priorità proprio al rischio Covid, Benny Gantz, ministro della Difesa e futuro premier del governo a rotazione, aveva suggerito uno slittamento dell’annuncio sul piano di annessioni che il governo aveva messo in agenda per ieri. E ieri l’ufficio dell’attuale premier Benjamin Netanyahu ha confermato il rinvio, motivandolo però con la necessità di procedere a ulteriori discussioni sul tema con l’Amministrazione Usa, promotrice del piano.
Il Segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, incontrando gli ambasciatori degli Stati Uniti e di Israele, ha espresso la «preoccupazione della Santa Sede circa possibili azioni unilaterali che potrebbero mettere ulteriormente a rischio la ricerca della pace» e ha sollecitato la ripresa del «negoziato diretto» fra le parti. Per protestare contro la road map americana, ieri le fazioni politiche di Gaza hanno mobilitato migliaia di persone nelle città e a ridosso del confine. Non ci sono stati incidenti. Ma ci sono stati, come ovvio, assembramenti.
E questo nonostante la curva di contagi stia aumentando nell’enclave palestinese come in tutta la Cisgiordania. Nelle aree sottoposte al controllo dell’Anp i casi positivi sono saliti a 2.698. A metà giugno erano solo 700. I morti sono otto. Il focolaio più preoccupante si trova nel governatorato di Hebron (199 nuovi contagi). A Betlemme e nel resto dei territori palestinesi è scattato il lockdown a partire da venerdì.
Fonte: Avvenire
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