di Cristoforo Spinella
Venti giorni per decidere il futuro di Santa Sofia. Dopo anni di polemiche, proteste e provocazioni, la sfida finale sul monumento simbolo di Istanbul è cominciata. Il 2 luglio è il D-day per una pronuncia del Consiglio di Stato attesa da tempo ma diventata di vivacissima attualità dopo l’ultimo strappo del presidente Recep Tayyip Erdogan lo scorso 29 maggio, nell’anniversario della presa ottomana di Costantinopoli: la lettura della Sura della Conquista del Corano all’interno di Santa Sofia, restituita per qualche minuto alla funzione di luogo di culto islamico, 85 anni dopo che Mustafa Kemal Ataturk la trasformò in un museo.
Basilica cristiana per quasi un millennio, convertita in moschea dopo la conquista ottomana nel 1453, Santa Sofia è da sempre al centro di una battaglia fortemente simbolica tra culture e religioni. “Non è affatto una questione internazionale, è una questione di sovranità nazionale”, ha dichiarato stamani il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, alimentando lo scontro frontale con la Grecia. Adesso la vera domanda, suggeriscono gli analisti, non è tanto se Erdogan può trasformarla in moschea – anche se gli ostacoli pure formali non mancherebbero, a partire da un’interlocuzione con l’Unesco, che la protegge come Patrimonio dell’Umanità; piuttosto, se vuole farlo davvero. O meglio, se gli convenga. “Una volta convertita in moschea – sostiene Soner Cagaptay, storico e direttore del programma sulla Turchia al Washington Institute for Near East Policy – diventerebbe un’altra delle oltre 3.200 di Istanbul”.
Insomma, potrebbe essere più redditizio continuare a usarla come strumento di propaganda. Del resto, così è avvenuto finora. Tutte le provocazioni del leader di Ankara sono rimaste tali. Come quando lo scorso anno, alla vigilia delle amministrative in cui subì poi una pesante sconfitta, aveva promesso di cambiarne lo “status”. Per i suoi avversari, è la strategia di sempre quando è in difficoltà, come suggeriscono oggi diversi sondaggi: “Cambiare l’agenda del Paese, sostituendo i problemi importanti con crisi artificiali”. In Parlamento il suo Akp ha bocciato una proposta dell’opposizione per avviare uno studio di fattibilità sulla conversione, sogno proibito dell’islam politico ma anche dei nazionalisti. Il partito di Erdogan ha votato contro, lasciando però la porta spalancata in attesa del Consiglio di Stato: “Ne riparliamo a luglio”.
Fonte: ANSA Istanbul