Nella serata del 20 maggio è terminato il servizio di presidio all’ ospedale di Lugo per l’emergenza Coronavirus da parte dei volontari e operatori della Croce Rossa. La conclusione del servizio è stata caratterizzata da una sobria ma formale ammainabandiera e spiantando la tenda presidiaria che per lunghi 60 giorni è stata il punto di riferimento per tanti cittadini.

“Una dozzina di militari della Croce Rossa è stata impiegata in questo delicato ed importante servizio di presidio e controllo degli accessi e Infopoint sulla mutata organizzazione del plesso ospedaliero – commenta il primo capitano Roberto Faccani, ufficiale coordinatore regionale del Corpo e responsabile del servizio – Ben 3.000 ore di lavoro svolto con professionalità, sacrifiio e dedizione dai nostri militari in due mesi che, tra le altre cose, sono volontari e quindi non hanno percepito alcun pagamento o rimborso spese; il valore economico del loro servizio è stato offerto alle istituzioni ed alla collettività tutta. I militari CRI sono tutti riservisti del territorio romagnolo con alle spalle notevole esperienza operativa nelle più disparate criticità e, alla chiamata in servizio, non hanno esitato, come sempre, a lasciare le occupazioni e le loro famiglie per esporsi anche ad un possibile rischio di contagio. Occorre tener presente che un richiamo alle armi prevede anche l’aspetto nudo e crudo di essere assoggettati al Regolamento di Disciplina Militare ed al Codice Penale Militare di Pace, quindi una condizione ben diversa dal normale volontariato”.

Ricorda Faccani: “I primi giorni di quella fase in cui non si percepiva bene quale era la pericolosità del virus, sorgeva la confusione ad ogni livello, si sentivano informazioni di ogni genere e nascevano le prime misure chiamate lockdown e social distanging che, nella nostra realtà romagnola incutevano particolare timore negli anziani; quante volte ci è stato chiesto: “cuosa a vuol di ste loc… loc… lockdow? Un scapez un cazz!” I militari in servizio per 12 ore al giorno, festivi compresi, non hanno tenuto conto di qualche osservazione negativa o delle frecciatine espresse da persone che evidentemente non avevano capito la gravità della situazione, ma hanno badato alla sostanza del servizio richiesto dalle autorità sanitarie: fornire informazioni agli utenti dell’ospedale, impedire l’accesso ai non addetti o ai curiosi (tanti) verso i nuovi reparti Covid, ma anche rassicurare tante persone in difficoltà nel capire le nuove modalità di vita, comprese le diverse tipologia della autocertificazione. Ma non solo, si sono occupati di recapitare ai malati le poche cose consentite in reparto, a portare/ritirare farmaci ed anche di occuparsi dei testamenti biologici e anche di regolare il traffico”.

Dalla tenda presidiaria partivano anche i militari destinati al trasporto di farmaci, alimenti e pasti caldi direttamente a casa delle persone positive al virus, essendo gli unici abilitati per tale mansione, a differenza del normale volontariato di protezione civile. Il servizio a domicilio non era solo una mera consegna ma anche una occasione di contatto con persone chiuse in casa per la quarantena di 2/3 settimane che vivevano nel panico di infettare qualcuno oppure nel timore di finire in uno degli ospedali Covid di cui le immagini primeggiavano tutto il giorno in televisione. L’umanità e la generosità sono stati i punti di riferimento per tutto il contingente militare, come pure la mission del servire il cittadino quale mandatari delle istituzioni.

Conclude Faccani: “ Siamo arrivati in tutta fretta a causa dell’emergenza ingenerando sicuramente qualche scompenso nella popolazione, ma ora ce ne siamo andati in punta di piedi senza clamore, consegnando il servizio ai nuovi steward. Lasciare il presidio dal un lato è stato commovente per il fatto di lasciare un servizio importante, ma d’altra parte il rilevante aspetto che i miglioramenti registrati riporteranno la normalità della vita quotidiana, quindi la soddisfazione di aver dato un minimo contributo. Nel cuore dei militari e di tanti cittadini rimarrà il ricordo dei momenti difficili dove tutto era chiuso, dove gli uffici pubblici non ricevevano più il pubblico, dove l’informazione avveniva solamente per il tramite della televisione, dai giornali e dai media, allora una delle poche figure umane fisse in un Infopoint, era proprio il militare CRI sempre pronto a rispondere alle più disparate domande dei cittadini, a consigliare atteggiamenti e precauzioni, a fornire informazioni sull’andamento della città e del Paese ed infondere sicurezza e fiducia verso il futuro. Innumerevoli le attestazioni di affetto e di sostegno, significativi gli incitamenti a resistere….a tutte queste splendide persone un sentito grazie di cuore. Ma i militari CRI non abbandoneranno la città di Lugo: oramai da 5 anni esiste in Viale degli Orsini un piccolo contingente che si occupa del servizio legato al rilevamento e distruzione degli ordigni bellici, anch’esso da definire una emergenza che purtroppo dura da 75 anni! Periodicamente un equipaggio parte dalla sede per operare in tante località della Romagna e del Ferrarese (circa 200 operazioni all’anno), avendo queste zone il maggior numero di residuati bellici ancora inesplosi”.

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