di Davide Frattini
L’aereo con 172 persone a bordo sarebbe dovuto atterrare a Damasco. Nelle stesse ore, prima dell’alba di giovedì, i jet israeliani colpiscono a sud della capitale siriana quelle che l’intelligence ha identificato sulle mappe satellitari come basi iraniane. Avvertito dalla torre di controllo l’Airbus è costretto a cambiare rotta per evitare i missili sparati dalle truppe di Bashar Assad e a scendere sulle piste militari costruite dai russi per i loro jet a Hmeimim sulla costa del Mediterraneo.
È così che da Mosca il portavoce del ministero della Difesa ricostruisce l’abbattimento mancato di poco. Accusa i piloti israeliani di aver usato l’altro velivolo come scudo e ricorda che non è la prima volta: nel settembre del 2018 — stessi cieli e stessi raid — un aereo spia russo era stato centrato dalla contraerea siriana che rispondeva a un’operazione di Tsahal, 15 soldati erano morti.
Gli israeliani hanno sempre negato di sfruttare altri apparecchi, soprattutto civili, per protezione. Sulle incursioni per bersagliare le ambizioni militari iraniane in Siria il governo resta per lo più in silenzio e preferisce la tattica dell’ambiguità, non conferma e non smentisce: nel bombardamento di giovedì sarebbero stati uccisi 23 tra iraniani e miliziani sciiti. Sono ormai centinaia le operazioni condotte per impedire in questi nove anni di guerra civile un arroccamento dell’Iran su quello che per gli israeliani è il fronte nord.
I russi non hanno fornito dati per identificare il volo e hanno solo precisato che era decollato da Teheran. L’agenzia Reuters ha ricostruito i movimenti nello spazio sopra Damasco, ha individuato uno Cham Wings (nella foto) che da Najaf in Iraq era diretto verso la città e ha deviato su Hmeimim. È la compagnia siriana su cui gli americani hanno imposto sanzioni dopo averla accusata di fornire gli aerei per muovere combattenti e armamenti dall’Iran. Questi trasporti clandestini sono organizzati di notte e non sono registrati in alcun aeroporto. È su uno Cham Wings che il generale Qassem Soleimani è volato da Damasco a Bagdad, prima di essere ammazzato in un’operazione americana.
La rappresaglia ordinata da Teheran per vendicare l’uomo più potente dopo l’ayatollah Khamenei aveva coinvolto un mese fa un aereo civile: le 176 persone a bordo sono tutte morte, quando il Boeing è stato distrutto da un missile sparato dagli iraniani che l’hanno confuso per un’azione d’attacco statunitense. Il regime aveva negato le responsabilità e solo dopo una settimana — sotto pressione anche per le proteste popolari, sul volo c’erano soprattutto iraniani — aveva ammesso «l’errore umano».
Fonte: Il Corriere della Sera