di Giordano Stabile

La prima battaglia fra l’esercito turco e quello siriano si è conclusa con decine di morti e feriti e ha messo a dura prova le relazioni fra la Turchia e la Russia. Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin hanno trovato dal 2016 una convivenza molto difficile in Siria, anche se non vogliono andare allo scontro aperto. Ma l’offensiva delle forze di Bashar al-Assad nella provincia di Idlib, cominciata a dicembre, è diventata una valanga, e negli ultimi giorni e ha messo il presidente Recep Tayyip Erdogan in una posizione imbarazzante.

I ribelli siriani suoi alleati hanno chiesto aiuto e quando si sono ritrovati quasi circondati nella cittadina di Saraqib, Ankara ha deciso di agire. Fra sabato e domenica decine di tank e blindati (nella foto) sono stati inviati verso l’autostrada Aleppo-Lattakia, l’obiettivo primario dei governativi.
Per la prima volta però i soldati di Assad non hanno frenato neanche davanti alle truppe turche. Prima dell’alba di ieri una pioggia di razzi e cannonate degli obici da 122 millimetri è caduta sull’ultima linea di difesa ribelle e ha investito anche le posizioni turche nell’area di Turumba, a Ovest di Saraqib. Quattro soldati sono stati uccisi sul posto, un quinto più un impiegato civile dell’esercito sono morti in ospedale. Altre nove militari sono rimasti feriti.

La risposta turca è stata durissima. L’artiglieria, e forse anche cacciabombardieri F-16, hanno colpito «40 obiettivi», come ha precisato il ministero della Difesa. Erdogan, in conferenza stampa di prima mattina, ha detto che «30-35 soldati siriani» erano stati uccisi. Il ministro della Difesa Hulusi Akar, ha poi portato il bilancio a 76 nemici «neutralizzati».
Una guerra di parole, oltre che di bombe. Media siriani hanno prima ammesso la perdita di sei soldati, poi l’agenzia Sana ha addirittura negato che i raid avessero causato morti. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha registrato l’uccisione di 8 soldati nella provincia di Idlib, altri tre al confine con quella di Latakia, e due al confine con Hama. Altri 20 sarebbero stati feriti.

I russi hanno invece negato che gli F-16 siano entrati in azione e ribattuto che «nessun velivolo turco» aveva violato lo spazio aereo siriano. Russia e Damasco vogliono minimizzare perché la «neutralità» della Turchia è fondamentale per arrivare alla conquista della provincia di Idlib, o perlomeno dei due terzi, l’obiettivo di Assad. Il prezzo è però pesantissimo. 
Da dicembre almeno 290 civili sono rimasti uccisi nei raid, Maraat al-Numan, conquistata due settimane fa, e la stessa Saraqib, sono città fantasma. Mezzo milione di persone sono fuggite verso il confine turco.

Fonte: La Stampa

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