“Su istruzioni del presidente Trump i militari americani hanno intrapreso una decisa azione difensiva con l’uccisione del generale Qassem Soleimani per proteggere il personale americano all’estero”. Con questo comunicato il Pentagono ha annunciato il raid compiuto vicino Baghdad la scorsa notte. Secondo quanto ricostruito dalla milizia paramilitare filoiraniana Hashd Shaabi, anche nota come Forze di Mobilitazione Popolare, il raid che ha ucciso il generale Soleimani, comandante della forza Quds, unità speciale del Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica iraniana responsabile delle operazioni al di fuori del paese, ed ha ucciso il numero 2 della milizia irachena sciita, Abu Mahdi al-Mohandes, ha preso di mira il loro veicolo sulla strada per l’aeroporto internazionale di Baghdad.

Secondo il Pentagono Soleimani stava “attivamente mettendo a punto piani per colpire i diplomatici americani e uomini in servizio in Iraq e in tutta la regione”. “Il generale Soleimani ha anche approvato gli attacchi contro l’ambasciata americana a Baghdad che hanno avuto luogo questa settimana”, si legge ancora nella nota. Lo stesso Soleimani è considerato responsabile della morte di centinaia di militari della coalizione e di americani e di aver ‘orchestrato’ l’attacco del 27 dicembre che ha ucciso un cittadino statunitense.

Nonostante fosse piccolo di statura e schivo, il generale Qasem Soleimani era considerato dagli Stati Uniti e dai suoi alleati uno dei militari piu’ sanguinari all’opera nella regione mediorientale. Sessantadue anni, storico comandante delle Guardie iraniane della Rivoluzione, Soleimani era il capo della squadra d’elite per le operazioni piu’ segrete, e soprattutto uomo chiave del regime degli ayatollah. Negli ultimi vent’anni il generale aveva guadagnato una fama quasi mitica sia tra i suoi nemici sia tra i molti sostenitori iracheni. La carriera del generale iraniano era cominciata subito dopo la rivoluzione del ’79. “Piu’ di ogni altro – ha raccontato al Washington Post Ali Soufan, ex agente dell’Fbi – Soleimanie’ stato responsabile della creazione di un arco d’influenza che si e’ esteso dall’area del Golfo a Iraq, Siria e Libano”.

A ventidue anni, figlio di una famiglia di montanari, Soleimani si era arruolato con le Guardie rivoluzionarie islamiche, nate per proteggere la repubblica degli ayatollah. Gli anni della guerra con l’Iraq, tra il 1980 e il 1988, avevano aiutato ad accrescere la fama di questo soldato, capace di infiltrarsi nelle file nemiche per portare a termine operazioni ad alto rischio, al punto da diventare, negli anni Novanta, il comandante del gruppo d’elite delle Quds Force, la squadra di super agenti impiegata per operazioni segrete all’estero. Soleimani aveva aiutato gli Hezbollah in Libano e guidato gli attacchi agli americani durante la guerra in Iraq. Secondo il Pentagono, le operazioni guidate dal generale avrebbero provocato la morte di almeno 608 soldati americani, tra il 2003 se il 2011.

Le Quds Force ebbero un ruolo strategico anche durante la guerra civile in Siria, per sostenere il presidente Bashar al-Assad. Tra le operazioni attribuite al gruppo guidato da Soleimani anche complotti in Asia e in Sud America e un fallito attentato, nel 2011, per uccidere l’ambasciatore dell’Arabia Saudita in Usa, in un ristorante italiano a Georgetown. Secondo gli analisti, quella del generale e’ una figura unica e non sostituibile per il regime iraniano, gia’ alle prese con una crisi interna. Nessuno, pero’, e’ in grado di valutare quali potrebbero essere le conseguenze della sua uccisione. “Il desiderio di vendicarsi sara’ immenso”, ha scritto su Twitter il professor Vali Nasr, docente di relazioni mediorientali alla Johns Hopkins University.

Subito dopo il blitz in cui è stato ucciso Soleimani, insieme al numero 2 della milizia paramilitare sciita Hashd Shaabi, Abu Mahdi al-Mohandes, la guida suprema iraniana Alì Khamenei ha annunciato una terribile “vendetta” contro gli Stati Uniti. L’ayatollah Khamenei ha decretato tre giorni di lutto nazionale. “Il martirio è la ricompensa per il suo instancabile lavoro di tutti questi anni…A Dio piacendo, la sua opera e il suo cammino non si fermeranno qui e una vendetta implacabile attende i criminali che si sono sporcati le mani con il suo sangue e con quello degli altri martiri”, ha dichiarato su Twitter in farsi Khamenei.

Di tutt’altro tenore i commenti americani. “Iracheni che danzano nelle strade per la libertà; grati per il fatto che il generale Soleimani non ci sia più”. Così il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha scritto a commento delle immagini che ha postato su Twitter, che ritraggono una folla che porta in corteo una bandiera irachena.

Ma in America non sono mancate voci critiche o dubbiose. Il ”presidente Trump ha gettato dinamite in una polveriera”. Così Joe Biden ha commentato l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani. ”L’Amministrazione americana sostiene che il suo obiettivo sia quello di evitare ulteriori attacchi da parte dell’Iran, ma questa azione avrà quasi certamente l’effetto opposto”, ha affermato Biden. Il presidente Trump ”deve al popolo americano una spiegazione della strategia e del piano per tenere al sicuro le nostre truppe e il personale dell’ambasciata, la nostra gente e i nostri interessi, sia qui in patria che all’estero, così come i nostri partner nella regione e altrove”, ha aggiunto.

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