di Pierluigi Battista

La cosa impressionante è che in Europa non ci sia stato neanche un po’ di sconcerto, di indignazione, di disgusto, di allarme quando ai tifosi israeliani in trasferta a Strasburgo per seguire la squadra di calcio del Maccabi Haifa è stato fatto divieto, poi rientrato grazie alle proteste del governo israeliano, di sventolare le bandiere di Israele per incoraggiare i lori beniamini in campo.

Neanche una parola in chi trascorre il tempo a esortare a «non dimenticare» le nequizie dell’antisemitismo (passato), a denunciare terribili ritorni storici, a indicare negli ebrei le vittime dell’odio razziale, a fare gli indignati permanenti, a commuoversi per Primo Levi, eccetera eccetera. Niente di niente. Non un comunicato, non un articolo, non un tweet, non una bandiera, non un hashtag che non si nega a nessuno, non una raccolta di firme. Non un sit-in silenzioso, non una lettera aperta, non un lenzuolo. Niente, niente, niente.

Come mai? Come è stato possibile questo silenzio in persone in genere tanto loquaci? Che spiegazione vi date? Perché quando vengono uccisi, minacciati, insultati gli ebrei di Israele, quando le tv arabe propongono serie televisive ispirate ai «Protocolli dei Savi Anziani di Sion», quando in Germania vengono aggrediti nei pressi delle sinagoghe ragazzi con la kippah considerati complici «degli assassini dello Stato di Israele», state tutti zitti, la lingua vi si secca, i tasti della tuittata furba si inceppano, la vostra battaglia contro l’antisemitismo risorgente si prende un meritato congedo?

Io una risposta ce l’avrei, ed è la risposta che darebbe qualunque persona di buon senso e non offuscata dai fumi del fanatismo ideologico. Provate a indovinare quale. E vergognatevi un po’ per la vostra indignazione a singhiozzo, i vostri buoni sentimenti a zig zag, la vostra desolante «emiplegia morale» come la definiva Jorge Semprun. E sempre viva le bandiere di Israele. Sempre.

Fonte: Corriere della Sera

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