Press conference by NATO Secretary General Jens Stoltenberg ahead of the meetings of NATO Foreign Ministers in Washington DC on 3 and 4 April 2019

di Paolo Mastrolilli

Le sfide lanciate dalla Russia; il terrorismo, con un focus sul ritiro dall’Afghanistan; i finanziamenti dell’Alleanza. Sono i tre temi principali del vertice Nato in programma oggi e domani a Washington, con l’aggiunta delle tensioni con la Turchia, e le preoccupazioni per l’offensiva lanciata dalla Cina con la nuova Via della Seta, a cui l’Italia ha appena aderito.

Doveva essere il summit per festeggiare il 70° compleanno dell’Alleanza, ma la freddezza di Trump ha convinto gli organizzatori a spostare le celebrazioni con i leader in dicembre a Londra. Quello di oggi e domani è diventato così un appuntamento a livello di ministri degli Esteri, finalizzato a discutere la sostanza invece della forma. Ieri il capo della Casa Bianca ha ricevuto il segretario generale Jens Stoltenberg (nella foto) ribadendo che «sono contento per l’aumento degli investimenti, ma dovranno salire. La Germania paga poco e si approfitta di noi nei commerci». Oggi l’ex premier norvegese parlerà al Congresso, un onore concesso per sottolineare che qualunque sia la posizione di Trump, il Parlamento resta fermamente a favore della Nato.

Domani poi ci sarà l’incontro tra i ministri degli Esteri, con due sessioni dedicate alla Russia e al terrorismo, e un pranzo concentrato sull’impegno preso a Cardiff di portare gli investimenti nella difesa al 2% del pil in tutti i paesi membri.
Alla vigilia Stoltenberg ha ammesso che «ci sono seri disaccordi tra gli alleati, su temi come i commerci, l’energia, i cambiamenti climatici, l’accordo nucleare con l’Iran e altro. Ma non è la prima volta, e la forza della Nato sta proprio nella capacità di unirsi intorno all’obiettivo comune della difesa reciproca».

Quindi il segretario ha elencato i temi centrali del vertice. Primo, la sfida della Russia, con la violazione del trattato missilistico Inf attraverso lo sviluppo dei vettori SSC-8, e le azioni aggressive nel Mar d’Azov, in Ucraina e Georgia. Stoltenberg non ha citato le interferenze elettorali, ma fonti della Casa Bianca hanno ribadito che sono di nuovo in corso, in vista delle elezioni europee di maggio. La minaccia del Russiagate si è attenuata per Trump, che ieri ha ribadito: «Andremo d’accordo con Mosca». Ma proprio per questo l’amministrazione si sente più libera di contrastare Putin. I passi concreti saranno le pressione affinché il Cremlino torni a rispettare l’Inf; un pacchetto di misure per la sicurezza del Mar Nero, che includerà una maggior presenza della navi Nato; l’investimento di 2,3 miliardi di dollari nelle infrastrutture, fra cui una base logistica in Polonia che favorisca la rapida operatività delle forze al confine con la Russia.

Il secondo punto è la lotta al terrorismo, che riguarda l’Isis, al Qaeda e le attività di addestramento in Iraq, ma soprattutto l’Afghanistan. Gli alleati verranno aggiornati sullo stato della trattativa condotta dall’ambasciatore Khalilzad con i taleban, che potrebbe aprire la porta al ritiro.

Il terzo punto saranno i finanziamenti, che per Trump restano il primo. Stoltenberg sottolineerà che dal 2016 gli investimenti nella difesa degli alleati sono aumentati di 41 miliardi, e arriveranno a 100 miliardi entro la fine del 2020. Il capo della Casa Bianca celebrerà il successo, ma non si accontenterà, tornando a premere sugli alleati per il rispetto dell’impegno a spendere il 2% del Pil per la protezione comune.

Un’autorevole fonte del dipartimento di Stato, tenendo ieri un briefing con i giornalisti, ha confermato questi punti, ribadendo che «il nostro impegno a favore della Nato resta». Poi ha aggiunto che nella lotta al terrorismo si guarderà anche al «fronte sud»; ha avvertito che se la Turchia comprerà i missili russi S400 rischierà sanzioni, se non l’espulsione dall’Alleanza; ha ribadito che bisogna proteggere infrastrutture e comunicazioni dalle interferenze cinesi, come l’adesione italiana alla Via della Seta. Dunque un vertice difficile, più che una celebrazione, che conferma come la Nato a settantanni abbia bisogno di riformarsi e ritrovare il suo proposito.

Fonte: La Stampa, 3 aprile 2019

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