Da Rabat, intervista di Paolo Rodari a padre Ibrahim Faltas
«Non c’è una città in tutto il mondo come Gerusalemme. Qui ci sono il Santo sepolcro, il Muro del pianto e la Moschea al-Aqsa, il più importante luogo di culto musulmano dopo La Mecca. Tutto è nato qui, nella città di Dio, la capitale del cielo». Così padre Ibrahim Faltas (nella foto) direttore delle scuole francescane nella Città santa e responsabile per la Custodia di Terra Santa dei rapporti con Israele e palestinesi. Durante la seconda Intifada, Faltas fu coinvolto nell’assedio della Natività di. Betlemme, nel 2002, e protagonista delle trattative per trovare un accordo con i 240 militanti palestinesi che si erano rifugiati nella Basilica per sfuggire alla cattura da parte dell’esercito israeliano. Accordo che arrivò dopo 39 giorni di assedio.
Perché Gerusalemme è così importante?
«Le tre religioni monoteiste trovano qui gran parte del significato della propria storia. Se vi sarà pace alla radice vi sarà pace in tutto il mondo altrimenti no. II Vaticano vuole una Gerusalemme internazionale e aperta a tutti. Non si può fare di Gerusalemme la capitale di un solo Stato. È la madre di tutti».
Cosa pensa dell’appello del Papa e di Mohammed VI?
«È chiaramente un messaggio a coloro che, come gli Stati Uniti, minacciano la pace con decisioni senza senso riconoscendo Gerusalemme come capitale di Israele e trasferendo l’ambasciata Usa da Tel Aviv».
L’appello è figlio di queste vicende? «Il Vaticano conosce in profondità ogni cosa che accade su questo territorio. Un appello del genere è conseguenza solo e soltanto di questa conoscenza. E il Papa sa che soltanto se la parte migliore dell’Islam è chiamata a collaborare la pace può essere raggiunta».
Cosa deve fare la comunità internazionale?
«Interiorizzare il fatto che un serio processo di pace è da qui che deve partire. Di questo erano convinti anche i predecessori di Francesco».
Fonte: la Repubblica, 31 marzo 2019