Mai era successo che l’Upa, l’organismo associativo che riunisce le più importanti e prestigiose aziende industriali, commerciali e di servizi che investono in pubblicità, fosse entrata a gamba tesa su un editore e tanto meno sulla Rai. Da sempre attenta alle rilevazioni di audience, Ads, Audipress e simili per decidere al meglio dove e come investire, per la prima volta l’Upa ha deciso di intervenire su un problema politico organizzativo di un gruppo editoriale affidando ad AstraRicerche di Enrico Finzi uno studio che tratteggiasse i contorni di una crisi che è sotto gli occhi di tutti.
“Oggi la Rai è indifendibile”, ha esordito Lorenzo Sassoli de Bianchi, che è presidente dell’Upa. Considerando che gli investimenti pubblicitari delle aziende che sono socie dell’Upa valgono un miliardo di euro l’anno, il 50% delle entrate di Viale Mazzini (il resto è canone), è facile capire che la sua non è un’opinione fra le tante. Lorenzo Sassoli, forte del sostegno dello stato maggiore dell’organizzazione, è andato giù pesante durante la presentazione della ricerca di Finzi il 9 febbraio parlando senza mezzi termini di “uno scandalo nazionale per caduta di progettualità, professionalità, qualità sottovalutate, lottizzazioni di poltrone e poltroncine, ingovernabilità, arretramento culturale”.
Per poi continuare: “La Rai è un ginepraio politico e gestionale, le migliori professionalità sono spesso bloccate, le produzioni sono sempre più esternalizzate pur con ben 13mila dipendenti!”. Non pago, ha insistito che la tivù di Stato “si comporta più da broker che da broadcaster, nel senso che i soldi entrano con canone e pubblicità, escono con gli appalti e in Rai rimangono i debiti. Insomma, una nave incagliata in una foresta di interessi pietrificati, di parte e di partiti”.
Quando propone che a una rete vada tolta la pubblicità (roba da 300 milioni di investimento) e di togliere qualsiasi tetto alle altre reti, a qualcuno viene il sospetto che si voglia fare un piacere a Mediaset, che si ritroverebbe così un mercato più ricco. Lui, senza batter ciglio, replica che “non è detto che quei soldi vadano a finire nelle mani dell’azienda berlusconiana, questo dipenderà dalle scelte del mercato e quel fiume di denaro potrebbe essere canalizzato sulla stampa, su altre televisioni e soprattutto su Internet”. Il sospetto, però, non è del tutto peregrino. Upa è sempre stata considerata molto vicina agli interessi di Mediaset e di Publitalia. Vero è che da quando Sassoli è diventato presidente le cose sono cambiate e i rapporti con la filiera berlusconiana si sono normalizzati.
Fonte: primaonline.it