7 aprile 2013. Tammam Salam è stato nominato primo ministro del Libano, dopo aver ricevuto l’appoggio dei diversi gruppi politici nei giorni scorsi. Salam, musulmano sunnita, è stato votato dall’Assemblea dei deputati con 124 voti a favore su 128 totali: sarà a capo di un governo di unità nazionale per cercare di superare lo stallo politico che il 22 marzo scorso ha portato alle dimissioni dell’ex primo ministro, Najib Mikati.
Nel 2008 Tammam Salam è stato il ministro della Cultura del governo guidato da Fuad Saniora e appartiene a una famiglia politica molto importante: suo padre, Saeb Salam, è stato a sua volta primo ministro per sei volte, tra il 1952 e il 1973. Il presidente del Libano, Michel Suleiman, ha detto di augurarsi che Salam possa ricreare un senso di unità nazionale tra le diverse forze politiche, divise soprattutto sulla posizione da prendere nei confronti della guerra civile siriana per evitare che il conflitto possa coinvolgere anche il Libano.
Scrive il New York Times che le posizioni politiche di Tammam Salam sono molto più vicine a quelle dei partiti filo-occidentali, e molto diverse quindi da quelle di Hezbollah, il partito politico sciita del Libano considerato da Stati Uniti e Israele un’organizzazione terroristica. Salam ha detto però che sarà neutrale e che cercherà soltanto di trovare un compromesso che possa far avvicinare le varie fazioni. I due principali blocchi politici libanesi si sono divisi negli ultimi due anni sulla posizione del governo nei confronti del presidente siriano Bashar al-Assad.
Hezbollah – che ha fatto parte della maggioranza dell’ultimo governo – e soprattutto la sua ala militare ha sempre appoggiato in questi anni il presidente siriano, mentre le principali forze all’opposizione, guidate dal partito Mustaqbal dell’ex primo ministro sunnita Saad Hariri, hanno invece appoggiato i ribelli. In questi anni di guerra civile siriana sono arrivati in Libano circa 400mila profughi e il governo ha speso, nella gestione dei flussi migratori, circa 4 milioni di euro.
Tammam Salam dovrà affrontare a breve anche un altro problema, che è stato tra le cause delle dimissioni dell’ex primo ministro: l’organizzazione delle elezioni legislative in programma per giugno, la riforma della legge elettorale e la decisione su una possibile proroga dell’incarico al capo della polizia. Hezbollah e una parte dello schieramento cristiano, suo alleato, chiede da tempo una riforma della legge elettorale, a cui sono invece contrari i sunniti. Le elezioni politiche sono in programma per la fine dell’anno e ci sono state pressioni (soprattutto da parte di Hezbollah) perché vengano rinviate.
La situazione in Libano è resa ancora più complessa per l’organizzazione del suo sistema politico, basato sulla suddivisione delle cariche tra le varie confessioni religiose con lo scopo di mantenere un certo equilibrio tra i diversi gruppi. Questa formula prevede che gli incarichi siano suddivisi in base all’appartenenza religiosa, attribuite a ciascun gruppo in base al suo peso demografico e sociale. Le più alte cariche dello stato appartengono ai tre gruppi principali: il presidente della Repubblica è sempre un cristiano maronita, il primo ministro è sunnita, il presidente del Parlamento è sciita. Anche i seggi del Parlamento vengono attribuiti in base a criteri confessionali e geografici: l’Assemblea dei deputati (Majlis al-Nuwwab) è formata da 128 deputati, eletti ogni 5 anni tramite suffragio universale diretto.
Fonte: ilpost.it
Foto: Anwar Amro/Afp/Getty Images