Uno degli scenari peggiori messi in conto dagli analisti occidentali prende corpo in queste ore in Siria. Secondo il Wall Street Journal, il governo iraniano sta inviando a Damasco centinaia di soldati per offrire sostegno al suo alleato nel paese, il presidente Bashar el Assad, sempre più debole dopo un anno e mezzo di combattimenti contro i ribelli. “Sapevamo da tempo che alcuni comandanti delle Guardie della Rivoluzione erano in Siria per addestrare le truppe del posto alla guerriglia e offrire loro un contributo nel controllo di Internet – sostiene Farnaz Fassihi, numero due del Bureau mediorientale del Wsj – Adesso l’invio di truppe è più consistente: gli uomini servono a rimpiazzare i soldati siriani che hanno lasciato l’esercito”.

Questa decisione segna una svolta pericolosa nel conflitto: dimostra che Teheran non ha alcuna intenzione di lasciar cadere un alleato prezioso come Assad ed è pronta a schierare i reparti più affidabili dell’esercito per aiutarlo; e se il rais dovesse infine cadere, l’Iran potrebbe comunque influenzare il nuovo corso della Siria. Le indiscrezioni del Wall Street Journal trovano un paio di conferme sulla stampa iraniana. Un generale dell’esercito, Salar Abnoush, ha parlato lunedì ai volontari dell’unità Saheb al Amr e ha spiegato loro che le Guardie della Rivoluzione “combattono in Siria su ogni fronte, dalla guerra culturale a quella militare”. Il suo discorso è stato ripreso dall’agenzia di stampa Daneshjoo, considerata vicina al governo.

Le parole del generale seguono quelle pronunciate la scorsa settimana dal ministro della Difesa di Teheran, Ahmad Vahidi: “Sinora il governo siriano se l’è cavata bene. Ma se fosse in difficoltà, rispetteremmo senza alcun problema l’accordo di mutua difesa che lega i nostri paesi”. E’ possibile, quindi, che Assad e i suoi collaboratori si siano già rivolti all’Iran per avere sostegno nella lotta con i ribelli. L’esercito governativo è stato colpito da sconfitte e defezioni negli ultimi mesi, ha perso il controllo del Kurdistan e del territorio al confine con la Turchia; ci sono battaglie nei principali centri del paese e i ribelli appaiono solidi.

Il video di un elicottero che precipitava a Damasco è stato pubblicato lunedì su alcuni siti internet: in un certo senso rappresenta la direzione che ha preso questa guerra. La Siria di Assad è l’unico alleato dell’Iran in medio oriente e questa rivolta rischia di spezzare una catena di comunicazione complessa ed efficace che permette a Teheran di mantenere il controllo sugli altri movimenti sciiti della regione, a partire da Hezbollah in Libano. La crisi siriana ha trasformato questa stagione in un mal di testa per gli strateghi di Teheran: quando le piazze contestavano i leader arabi e “filoamericani” di Libia, Egitto e Tunisia, gli iraniani offrivano alle piazze l’esempio della Rivoluzione del 1979.

Ma ora che gli scontri arrivano a Damasco, l’ayatollah e i vertici dell’esercito accusano l’occidente di avere organizzato un complotto. Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, e la Guida suprema, Ali Khamenei, affronteranno il tema con il segretario generale dell’Onu, Ban Kimoon, che si trova a Teheran in queste ore per il summit dei non allineati. Assad è tornato in tv ieri pomeriggio e ha affermato che “servirà tempo” per sconfiggere i ribelli. Il presidente ha detto che quella in corso in Siria “è una guerra globale e regionale”, ma ha assicurato che le cose “vanno praticamente meglio”. Tuttavia, secondo fonti locali, le violenze intorno a Damasco diventano ogni giorno più intense. Finora Assad e i suoi ultimi alleati internazionali hanno chiesto all’Onu di impedire in ogni modo l’intervento di truppe straniere in Siria. Ma le sole truppe straniere che si vedono da quelle parti sono proprio quelle che aiutano Assad.

Luigi De Biase, 30 agosto 2012

Fonte: Il Foglio

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