di Stefano Sbaccanti
Sorella Fortunata dal Rwanda, Sorella Mary Bette dalle Filippine, Sorella Alberta dal Bangladesh, Sorella Suzel dall’India e Sorella Judy Clarisse dal Kenia. Sono questi i nomi delle suore dell’ordine di Madre Teresa di Calcutta che dal 2004 operano in un centro intercongregazionale di supporto ai bambini disabili e di circa 280 famiglie in condizioni di estrema indigenza. Il totale delle persone che beneficiano del loro aiuto sfiora le 1800 persone.
Qui le chiamano le “nuge” cioè “gli angeli del cielo” a significare che gli abbandonati, gli ultimi, i più poveri, le sentono vicine e chiedono e ricevono il loro conforto. Con il loro costante e umile lavoro le suore sono diventate parte integrante della popolazione locale.
Arriviamo alla loro sede di buon mattino, la temperatura è vicina allo zero ma il sole alto promette bene. La struttura è nel centro di Kabul, in un caseggiato lungo una strada semi-asfaltata, con bancarelle cariche di cianfrusaglie sui due lati. Sorella Fortunata ci accoglie sulla porta con uno splendido sorriso, ci invita ad entrare e ci presenta le consorelle.
La struttura è una casa a due piani con delle stanze molto piccole. Alcune sono fredde perché le suore le riscaldano solo quando necessario, per risparmiare il gas delle bombole. Da basso c’è una stanza più grande dove le sorelle radunano i bambini per farceli conoscere. Ci sono dei peluches e dei cuscini per rendere un po’ più confortevole l’ambiente.
“Questi sono i nostri bambini”, dice Fortunata. “Non sappiamo chi siano le loro famiglie. Li hanno trovati per le strade e ce li hanno portati”. Si tratta di 8 bambini con un passato di abusi e violenze alle giovani spalle. Con un quoziente intellettivo inferiore a 50 sono completamente dipendenti dalle amorevoli cure di Sorella Fortunata e delle altre.
Come se ciò non bastasse, ogni 15 giorni le suore visitano le famiglie di cui si prendono cura, portando un pacco viveri per ciascuna, composto da riso, farina, zucchero, fagioli, the e olio. Se il nucleo familiare supera i 5 membri le quantità raddoppiano.
Proseguiamo la visita al piano di sopra che ospita la zona notte, un cucinino e una stanza-magazzino dove le suore ripongono i materiali che ricevono e distribuiscono ai bisognosi. I lettini sono in legno e alcuni hanno delle protezioni aggiuntive per impedire che i bambini possano cadere o farsi male. Non è facile ottenere nuovi letti e molti sono stati modificati per accomodare la crescita degli bimbi. “Riusciamo a fare quello che facciamo grazie alla generosità di istituzioni pubbliche e private e ai fondi che ci arrivano dall’ordine di Madre Teresa a Roma” dice Fortunata. Nella stanza ci sono alcuni scatoloni contenenti vestiti usati, fazzolettini di carta, ciabatte, scarpe e poco altro. “Qui c’è bisogno di tutto”, continua la sorella, “vestiti, pannolini, materiale di pulizia e per l’igiene personale, generi alimentari e, ovviamente, fondi. Nulla è superfluo e qualsiasi cosa è importante per portare un po’ di sollievo a chi ha bisogno”.
Anche i militari Italiani che si sono succeduti a Kabul si sono resi conto della importanza di queste “donne di Dio” e le hanno sempre supportate. È diventata quasi una “consegna” tra un contingente che parte e quello che arriva, perché tramite loro i nostri militari arrivano alla parte più sofferente della popolazione afgana.
Mezz’ora di visita. Non vogliamo disturbare oltre e ci avviamo verso le scale per uscire. Scendiamo al piano terra e alcuni bambini che si sono un poco abituati alla nostra presenza ci salutano con la mano. Fuori c’è un’altalena, unico svago disponibile.
Sorella Fortunata e le altre ci ringraziano per la visita e ci invitano a tornare presto. Ce ne andiamo con gli occhi lucidi e un po’ più ricchi dentro.