Convegno con procuratore antimafia Grasso su informazione
Sono 301 i giornalisti italiani coinvolti dall’inizio dell’anno e fino allo scorso 3 dicembre, in episodi di minacce collegate a motivi professionali: il dato é stato reso noto stamani dall’associazione ‘Ossigeno per l’informazione’, diretta da Alberto Spampinato, durante un convegno su ‘Mafia e informazione: i giornalisti minacciati e le notizie oscurate’ svoltosi al Senato al quale hanno partecipato il procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso, il senatore Enrico Musso della Commissione Antimafia, il giornalista dell’Espresso, Lirio Abbate, e Paolo Butturini, segretario dell’Associazione Stampa Romana.
In 43 casi, gli episodi di minaccia sono stati rivolti a intere redazioni. “Quattro anni fa – ha spiegato Spampinato – abbiamo iniziato a raccogliere un dossier sulle intimidazioni ai giornalisti, ma ancora oggi e difficile far capire la gravità della situazione. Bisognerebbe sempre tenere presente che non riusciamo ancora a sconfiggere la mafia perché non c’é, nell’opinione pubblica, la adeguata percezione culturale di questo fenomeno che ha, tra le sue attività prioritarie, quella di oscurare le informazioni che la riguardano”. “Se la Rai – ha proseguito Spampinato – spendesse per fare informazione e approfondimenti sulla criminalità organizzata gli stessi soldi che spende per seguire le partite di calcio, si dimezzerebbe il tempo che ci separa dalla sconfitta delle mafie”.
L’allarme è stato raccolto da Butturini che ha assicurato su questo fronte un maggiore impegno del sindacato sottolineando che le pressioni mafiose contro la libera informazione “non sono solo un crimine perseguito dal codice penale, ma un attentato contro l’articolo 21 della Costituzione in quanto il condizionamento su chi fa inchieste che svelano gli ‘affari’ di Cosa Nostra, è un modo di impedire ai cittadini di vivere appieno la vita del loro paese”.
“Questi dati forniscono un quadro desolante – ha detto Abbate – e non bisogna dimenticare il ‘peso’ delle tante cause risarcitorie civili che vengono intentate soprattutto contro i piccoli gruppi editoriali che non hanno le risorse per farvi fronte”. “Il gruppo l’Espresso – ha aggiunto il giornalista che vive sotto scorta per aver denunciato i legami tra i ‘colletti bianchi’ e il boss Bernardo Provenzano – ogni anno subisce circa 380 citazioni in giudizio e ne esce vittorioso quasi il 100% delle volte. In pratica, nell’ultimo anno è uscito indenne da 378 cause civili. Bisognerebbe porre un freno alle liti temerarie che hanno il solo obiettivo di fermare le inchieste scomode.
Il procuratore Grasso, invece, ha lanciato la proposta “di una legge, da studiare, che abbia l’obiettivo di sanzionare chi ostacola la libertà di informazione”. Il procuratore, inoltre, ha ricordato il coraggio e le intuizioni del cronista palermitano Mario Francese, che per primo, ’scopri” i legami tra il mondo degli appalti e Totò Riina. Grasso ha ricordato anche il figlio di Francese, Giuseppe, che si è tolto la vita dopo aver fatto ogni sforzo per far condannare i boss responsabili della morte del padre. “Giuseppe – ha detto Grasso – è il nono giornalista ucciso dalla mafia in Sicilia, perché sapeva benissimo, anche lui, quale fine lo avrebbe aspettato al termine della sua ‘caccia’”.
Il senatore Musso, che presiede il comitato Scuola e Legalità della Commissione Parlamentare Antimafia, ha reso noto che “sono state declassificate dalla secretazione le audizioni sull’informazione che abbiamo svolto in questa legislatura e abbiamo scoperto un ’sottobosco’ di fenomeni meno rilevanti delle minacce di morte ma che, ugualmente, colpiscono i giornalisti che fanno un certo tipo di informazione, ai quali viene intaccato il reddito, la qualità della vita e la reputazione”.
Musso ha sottolineato che “c’é un’informazione non protetta, quella che viene fatta dai cronisti che non lavorano nelle grandi testate, che spesso sono precari e che subiscono i condizionamento anche dalla proprietà della testata che, a sua volta, subisce pressioni politiche”. Secondo Musso sarebbe necessario tutelare questa ‘fascia’ non protetta di giornalisti con misure a sostegno dei loro contratti, delle retribuzioni ed equiparando i pubblicisti ai giornalisti professionisti per quanto riguarda l’estensione del segreto professionale”.
A gennaio ‘Ossigeno’ terrà un nuovo convegno sulla depenalizzazione. Al seminario è intervenuto anche Vincenzo Vita, preannunciando un’interrogazione parlamentare sui giornalisti minacciati.
Fonte: ANSA, 11 dicembre 2012