14 marzo 2012. Il seminario sul tema “Counter-improvised explosive device – attack the network” si è concluso ieri presso la Main conference room del Comando operativo di vertice interforze (Coi) in Roma, alla presenza del capo di stato maggiore della Difesa, generale Biagio Abrate.

 

All’evento – senz’altro esclusivo per il tipo di approccio al tema oltre che per il rilievo dei relatori – hanno partecipato esperti delle Forze armate, rappresentanti del ministero degli Esteri, in particolare il direttore generale della cooperazione allo sviluppo, ministro Elisabetta Belloni, degli Interni, della magistratura nonché studiosi provenienti dal mondo accademico.

Scopo del seminario era quello di evidenziare le particolari forme di contrasto al fenomeno degli ordigni esplosivi improvvisati (Improvised explosive devices – Ied), di crescente impatto sulle operazioni fuori area, e di esplorare le possibili aree di cooperazione tra le istituzioni interessate, incrementando la protezione delle forze e della popolazione civile nei teatri operativi – con particolare riferimento all’Afghanistan – attraverso la condivisione di lezioni apprese, di esperienze maturate, di valutazioni ed analisi, di progetti ed iniziative.

Dopo l’intervento di apertura del capo di stato maggiore del Coi, generale di divisione aerea Settimo Caputo, il seminario si è sviluppato con interventi dei relatori appartenenti sia al mondo militare che esterno, a sottolineare come il contrasto agli Ied sia un tema le cui implicazioni trascendono lo specifico ambito militare, imponendo un approccio globale e multidisciplinare.

L’evento si è concluso con l’intervento del comandante del Coi, generale di corpo d’armata Marco Bertolini, che ha evidenziato il ruolo cruciale dell’addestramento nel fronteggiare efficacemente la minaccia degli Ied che è “precedente ad Isaf, e non terminerà con Isaf”, e del capo di stato maggiore della Difesa, generale Biagio Abrate, il quale ha rimarcato la straordinaria, pericolosa evoluzione del fenomeno Ied, “che travalica i limiti etici e legali che vincolano il combattente tradizionale, che conta su una vera e propria rete di finanziamento, approvvigionamento, realizzazione e sfruttamento”, e che pertanto esige “capacità di contrasto anche a livello strategico nazionale e multinazionale non solo nel “Counter-Ied” ma, soprattutto, nel cosiddetto combattimento ibrido, che costituirà una delle principali forme di lotta che dovremo contrastare nel prossimo futuro”.

Redazione

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