Anche se sotto il profilo della sicurezza ”abbiamo avuto difficolta’ nel passato, stiamo fronteggiando un presente complesso e ci saranno problemi e contrattempi nel futuro”, la fase di transizione in Afghanistan ”procede ad un ritmo piu’ rapido di quanto ipotizzato, tanto che il completo passaggio di responsabilita’ della condotta delle operazioni alle forze afghane dovrebbe concludersi entro l’anno in corso”.

E’ quanto sottolinea il generale di corpo d’armata Giorgio Battisti, capo di stato maggiore della missione multinazionale Nato Isaf, in un’intervista all’Adnkronos. ”La transizione -rileva Battisti- e’ un processo senza soluzione di continuita’. L’Afghanistan sta riconquistando la propria sovranita”’ ma continua ad aver bisogno ”dello sforzo congiunto e duraturo della comunita’ internazionale e degli attori regionali confinanti, per rafforzare la governance ai diversi livelli e rendere le forze di sicurezza nazionali capaci di garantire in proprio la sicurezza del territorio”.

I progressi sul terreno, mette in evidenza il capo di stato maggiore di Isaf, si possono oggi quantificare con dati concreti: ”Con l’ufficializzazione della tranche 4 da parte del presidente Karzai nel dicembre 2012, circa l’87% della popolazione afgana vive in aree la cui sicurezza e’ garantita dalle forze di sicurezza nazionale afghane, Anfs. I restanti distretti verranno aggiunti durante il 2013, quando si prevede che la totalita’ del territorio afghano sara’ sotto la responsabilita’ dell’Ansf”.

La missione Isaf, quindi, ”sta cambiando il focus. Da un punto di vista militare, significa che ora la coalizione sostiene e supporta le forze afghane che svolgono un ruolo predominante per la sicurezza del proprio paese. Il futuro dopo il 2014 prevede una missione che svolgera’ le funzioni di train, advice, assist e support per le Ansf.

Quest’ultima parte e’ molto importante -osserva il generale Battisti- perche’ ci sono alcune capacita’ che le forze afghane ancora non possiedono in quantita’ adeguata, come ad esempio le forze aeree, lo sgombero aereo di feriti e contusi, la bonifica di ordigni esplosivi, l’intelligence e, in parte, il sostegno logistico”.

”Quello che Isaf sta cercando di fare assieme al governo afghano e’ di porre in essere un concetto di sicurezza a piu’ livelli, che riunira’ molte delle diverse capacita’ delle forze di sicurezza afgane sul terreno, a livello provinciale e regionale, e fornira’ un output che e’ piu’ grande della somma delle singole parti. Inoltre, nel 2014 Isaf supportera’ il governo afgano nello svolgimento di credibili elezioni presidenziali previste nel mese di aprile.

Questo -prevede il capo di stato maggiore della missione Nato- sara’ un momento critico nel processo di stabilizzazione del paese e Isaf dovra’ bilanciare la riduzione delle forze con il supporto al governo locale”. A giudizio di Battisti, e’ della ”massima importanza” far capire alla popolazione afghana ”che la fine del 2014 non sara’ come la fine del 1991. Il 2014 e’ semplicemente una delle tappe lungo la strada della successiva decade di trasformazioni e miglioramenti per il paese e la regione”.

Quanto al processo di riconciliazione nazionale, potrebbe anche coinvolgere gli ex talebani o chi un tempo operava al fianco degli ‘insorti’: Battisti ricorda ad esempio che Agha Jan Motasimi, un membro anziano dei talebani, ha sostenuto di recente ”che per il bene dell’Afghanistan i combattimenti devono finire. Questo e’ un chiaro messaggio a chi ancora imbraccia le armi. Ora e’ il momento di scegliere la pace e non la violenza”.

”Gli sforzi di pace del Governo e del popolo afgani sono reali. Il processo di pace e la riconciliazione in Afghanistan contribuiscono al successo della transizione incoraggiando gli insorti a lasciare il campo di battaglia e di reinserirsi nella loro comunita’ per contribuire allo sviluppo della Nazione. E’ sempre piu’ evidente -aggiunge- che chi si oppone al processo di stabilizzazione interna sta conducendo una guerra contro il popolo dell’Afghanistan, non contro le truppe della Coalizione”.

Anche in una fase di evoluzione politica e sociale, pero’, il pericolo di attentati non e’ affatto da sottovalutare: ”non bisogna dimenticare -rileva il Generale Battisti- che gli ‘insurgents’ ci sono e hanno ancora la capacita’ di portare a compimento attacchi spettacolari, ma con finalita’ piu’ mediatiche che reali, come quelli degli ultimi giorni a Helmand, Jalalabad e Kabul. Il fatto stesso che questa capacita’ sia presente indica la necessita’ di una soluzione politica – e non solo militare – per rimuoverla”. Malgrado le insidie, ”quello che pero’ mi da’ fiducia sono le sempre maggiori capacita’ delle forze afghane, che vanno di pari passo con la volonta’ di prendere il loro futuro nelle loro mani”.

La Coalizione che sostiene la missione multinazionale Isaf ”e’ totalmente impegnata affinche’ l’Afghanistan diventi una nazione sovrana, prospera e indipendente. Alla fine si deve trovare una soluzione afghana ai problemi afghani, nel pieno rispetto della cultura e delle tradizioni locali. Oltre a trasferire la responsabilita’ della sicurezza, la strategia comune per un Afghanistan stabile e padrone del proprio futuro si basa su quattro elementi: la formazione per l’Ansf, la costruzione di una partnership duratura della comunita’ internazionale con l’Afghanistan, la riconciliazione tra gli afghani e la promozione della stabilita’ regionale, della crescita economica e l’integrazione con i paesi confinanti”.

Per Battisti, che giunse per la prima volta a Kabul agli albori della missione Isaf, ”questo e’ il quarto tour in Afganistan. Il primo fu nel 2001, e’ la cosa che mi colpisce piu’ di tutte e’ quanto il paese sia cambiato in questo periodo di tempo. Conseguentemente anche le aspettative e richieste degli afghani sono cambiate. Prendendo ad esempio il campo tecnologico, oggi il 40% degli afgani possiede e usa un telefono cellulare. Questa percentuale sale all’80% nelle citta’ e nelle aree maggiormente popolate. Ci sono piu’ di 6 milioni di utenti in Internet. Linee in fibra ottica vengono posate. La piu’ importante autostrada del paese, la cosiddetta Highway1 o Ring Road, che unisce le grandi citta’ di Mazar, Kabul, Ghazni, Kandahar e Herat, e’ al 90% e dovrebbe essere completata in tempi brevi”.

Il governo afghano ”sta mettendo in atto delle misure straordinarie nella lotta alla corruzione per arginare questo fenomeno che rappresenta un malcostume endemico e un rischio strategico significativo per la stabilita’ del Paese, in quanto inficia, inevitabilmente -osserva- la fiducia nell’apparato istituzionale da parte della popolazione e l’immagine stessa dell’Afghanistan agli occhi dei partner internazionali”.

Nel frattempo, per le strade dell’Afghanistan comincia a vedersi qualche burqa in meno. Puo’ essere il sintomo di un maggior rispetto dei diritti della donna o in questo senso la strada e’ ancora lunga? ”La comunita’ internazionale -risponde il capo di stato maggiore di Isaf- si e’ impegnata in qualcosa senza precedenti per sostenere un Afghanistan stabile e sicuro. Il governo afghano ripaga questo sforzo tenendo fede ai propri impegni per rafforzare lo stato di diritto, la lotta alla corruzione e il rispetto dei diritti umani, compresi quelli delle donne”.

L’Afghanistan oggi sta compiendo ”molti sforzi per recuperare gli effetti di 35 anni di conflitti. Migliorare la condizione delle donne e’ una priorita’ nella strategia di sviluppo nazionale. C’e’ ancora molta strada da percorrere prima di poter recuperare il ritardo con il resto del mondo, ma i miglioramenti si vedono. Negli ultimi undici anni -cita ad esempio Battisti- le scuole e le universita’ hanno aperto le loro porte a un elevato numero di donne. Di quasi 9 milioni di bambini delle scuole elementari, il 40% per cento sono ragazze. Nel periodo 2007/2008 il numero delle ragazze al liceo e’ quasi raddoppiato, passando da 67.900 a 136.621 studenti. Nello stesso periodo, in Afghanistan si sono laureati 8944 universitari, di questi 1734 erano studentesse. Questi numeri sono aumentati negli anni successivi, nonostante il numero e la frequenza degli attacchi terroristici in tutto l’Afghanistan, spesso destinati alle scuole, insegnanti e studenti”.

”Anche l’aspetto della salute pubblica -aggiunge- ha visto un enorme miglioramento negli ultimi anni. Oggi giorno, circa l’80 per cento della popolazione afghana ha accesso all’assistenza sanitaria di base, a fronte del solo 8 per cento nel 2001. Attualmente il ministero della salute pubblica ha alle dipendenze piu’ di 1.650 ostetriche professionali che forniscono assistenza sanitaria al parto. Cio’ ha contribuito a ridurre la mortalita’ infantile del 23 per cento, salvando 80.000 neonati ogni anno”.

Fonte: Adnkronos, 1 aprile 2013

 

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