Il presidente Hamid Kharzai sta gia’ preparando con la collaborazione di Ashraf Ghani il discorso dell’annuncio che l’Afghanistan attende e teme da anni. La prossima settimana il paese piantera’ la ‘milestone’, la pietra miliare del passaggio di consegne della guida della sicurezza in mani afghane.

La missione ‘Enduring Freedom’ avviata nel dicembre 2001 comincera’ a cambiare forma e finira’ il 31 dicembre 2014. Pero’ l’Afghanistan continua ad essere tormentato dagli attacchi dell’insorgenza, talebana e criminale. E nei media occidentali c’e’ chi vede un altro Vietnam. ”Non paragonerei Vietnam e Afghanistan. La differenza tra le due guerre e’ profonda” risponde all’ANSA Joseph Dunford, il generale a quattro stelle americano che da febbraio e’ il comandante supremo delle forze Isaf, ovvero della Nato e dei suoi 22 partner.

Nella sala riunioni del quartiere generale a Kabul ricorda che ”qui siamo stati chiamati dal governo e dal popolo afghani”, ammette che ”la violenza non e’ sradicata”, ”non ci sara’ un livello zero” e parla di ”una settimana particolarmente triste” per l’autobomba che ha fatto strage a Kabul, per i bambini decapitati, per le atrocita’ quotidiane, ma respinge le critiche perche’ ”piu’ si guarda da vicino il paese e meglio appare”.

La chiave, spiega, e’ che sono state create le condizioni per cui le forze afghane sono in grado di garantire sicurezza, certo col supporto degli alleati, ma con prospettive positive. ”Siamo nel momento in cui il fattore psicologico e’ decisivo – dice – A ottobre, quando finira’ questa offensiva, le capacita’ dovranno essere migliorate al punto che la gente possa avere fiducia che potranno garantire il processo elettorale e sentirsi pronta a partecipare”.

Il livello raggiunto da esercito e polizia afghane pero’, avverte, ”non e’ sostenibile” senza il continuo aiuto degli alleati. Hanno bisogno di sostegno, elenca, per la logistica, il budget, la pianificazione, la catena di comando e controllo. E ”sull’intelligence per la prevenzione bisogna fare di piu”. Insomma ”non siamo ancora al punto in cui vorremmo”.

Il paese e’ cambiato, spiega, ma la situazione resta fragile. Ed avverte: ”Il processo non e’ irreversibile senza un impegno internazionale continuo”. Il riferimento e’ alla missione post-2014, al mantenimento degli impegni presi, ai miliardi di dollari che dovranno essere versati per pagare gli stipendi dei 352.000 uomini complessivi delle forze afghane.

Servira’ ”una presenza internazionale continua in campo politico, di sicurezza e di aiuto allo sviluppo”. Bisognera’ mantenere gli impegni per aiutare a ”costruire le istituzioni”. E bisognera’ anche lasciare che ci sia ”un modo afghano di gestire il processo elettorale”, senza ingerenze dall’esterno ma garantendo che ”esse siano percepite come aperte, libere ed eque”. ”La guerra non e’ finita”. Ed aggiunge che molto dipende anche dal comportamento dei ”partner regionali”. Ma anche qui Dunford vede ”segnali positivi” arrivare dal Pakistan. Il dialogo e’ cominciato, anche a livello militare con incontri trilaterali con la partecipazione gli Stati Uniti, ma ”sara’ meglio quando saranno fatti a due”.

Marco Galdi, 14 giugno 2013

Fonte: ANSA

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